venerdì 28 giugno 2013

Visioni Orientali Trapiantate nel Salento

Chicho Aoschima (Tokio, 1974) Apricot 3- A pink dream
2008, Litografia 74x68
Da qualche settimana due buffi personaggi si aggirano per il Salento;  KaiKai e Kiki vengono dal lontano Giappone e sono pronti a raccontarci il loro mondo.  Le sale dell’Urban Center di Martano ospitano, fino al prossimo 29 settembre 2013Japan now!, collettiva di arte giapponese contemporanea. La mostra, precisa la curatrice Antonella Montinaro: «nasce dall’idea di presentare le tendenze contemporanee giapponesi e inserirle nel contesto delle principali correnti neopop contemporanee, oltre che nelle maggiori tendenze del mercato dell’arte». In esposizione sono presenti quasi una cinquantina di serigrafie ed un’inedita collezione di sculture in miniatura, le opere, realizzate dalle maggiori personalità dell’arte nipponica come Takashi Murakami,Yoshimoto NaraAya Takano, Chiho Aoshima, Mr, Chinastu Ban, Mahomi Kunikata ed Akane Koid, provengono da raccolte private internazionali. La mostra è un piccolo viaggio didattico nell’immaginario artistico di quelle tendenze neopop che gravitano intorno allo stile del Superflat/Superpiatto teorizzato da Murakami e che assurge al geometricamente “piatto” per ricordare, attraverso il rimando alla pittura tradizionale ed al mondo dei fumetti, l’assenza di “profondità emotiva della società contemporanea giapponese”, nettamente in contrasto con l’idea prospettica occidentale. Un pezzo di cultura artistica giapponese trapiantata nella penisola salentina, dove in una panoramica visione onirica, ibridi personaggi carichi di paure sociali e culturali fluttuano, vivono e si mescolano generando così un visionario equilibrio iconico nippo- americano.
Mostra visitata il 22/06/2013
A colloquio con la curatrice Antonella Montinaro

Raccontaci come nasce l’idea di Japan Now nel Salento.
La mostra Japan Now, è  la prima volta che si presenta in questo formato, si tratta dell’unione di due mostre che ho curato in Spagna negli ultimi 2-3 anni:  “Superflat. New pop culture” dedicata all’artista Takashi Murakami e presentata in una decina di città spagnole tra cui Madrid, Murcia, Valencia, Córdoba o San Sebastian ed un’altra mostra collettiva intitolata “This is Japan”.  La mostra nasce dall’idea di presentare le tendenze contemporanee giapponesi e inserirle nel contesto delle principali correnti neopop contemporanee oltre che nelle principali tendenze del mercato dell’arte.
Ho scelto il Salento per due motivi. Dovuto alle radici della mia famiglia è un posto che conosco profondamente con tutte le sue idiosincrasie sin dall’infanzia. Forse si tratta di una sfida ma credo ci siano moltissime persone interessate all’arte contemporanea e pochi spazi museali o espositivi all’infuori di Lecce, pur essendoci un bacino d’utenza molto grande, specialmente nei mesi estivi. La nostra idea è offrire un prodotto culturale di qualità con un punto di vista glocale integrando le principali tendenze internazionali con attività culturali collaterali alla mostra nel contesto del territorio.
Nonostante la singolare poetica che caratterizza le distinte personalità presenti in mostra, la visione figurativa che accomuna questa generazione di artisti a confronto, può essere considerata anche un limite del linguaggio e della cultura pop giapponese ri- americanizzata?
Sempre mi è sembrata interessante l’arte contemporanea giapponese ed il suo riflesso nella società dal punto di vista antropologico e sociologico.  Sebbene una grande crescita economica abbia proiettato al mondo l’immagine di un paese dal grande sviluppo teconololgico, il Giappone vive da svariati anni una grave crisi economica: la disoccupazione e la precarietà lavorativa sono diventante costanti nella vita quotidiana dei giapponesi e nelle creazioni degli artisti. Questo, nonostante tutto, invece di mostrarsi come una constatazione dello stato del mondo ed offrire una visione più realista o concettuale si converte in una opportunità per aprire le porte all’immaginazione ed all’estraneo. Così molti artisti contemporanei giapponesi presentano un mondo personale pieno di visioni strane, quasi poetiche e si fanno domande sulla frontiera tra visione e percezione, creando un mondo onirico e delicato.
In alcuni casi si tratta di un mondo onirico e sorprendente con colori acidi generati al computer: un universo che si muove a metà tra l’incubo e l’angustia ed i suoi personaggi spaziano tra la magia e la violenza della realtà. In altri casi la peculiarità radica nell’originalità e nel potere delle immagini della cultura popolare giapponese che si muovono in un terreno intermedio che va dal tradizionale all’innovazione. Sicuramente riflettere sulle principali differenze tra culture orientali ed occidentali. Credo che la parola Superflat lo spieghi perfettamente. Questa idea artistica ricorda la mancanza di profondità emotiva della società giapponese contemporanea e richiama il “piatto” come un valore proprio e autoctono, derivato dalla pittura tradizionale e dal mondo dei fumetti e dei cartoni animati, in contrasto per esempio con la tradizionale profondità prospettica della pittura occidentale del Rinascimento.
Per comprendere la teoria in profondità, è essenziale comprendere l’idea di Murakami che in Giappone la percezione di due livelli differenti di cultura, una “alta” o nobile in contrapposizione ad una cultura popolare di massa, non è mai esistita nella stessa forma che in Occidente.Come indica il teorico Hiroki Azuma: “La cultura otaku è il resultato della giapponizzazione della cultura pop nordamericana. Nonostante, Murakami qui ha l’intenzione di riportarla alle sue origini, ossia riamericanizzare la cultura otaku, riamericanizzando la cultura nordamericana giapponizzata. Il superflat non è dunque il successore autentico del pop, bensì il suo figlio illegittimo e falso, una sorta di ibrido bastardo”.
Quindi non lo definirei un limite del linguaggio, semplicemente un discorso di evoluzione e di differenze estetiche dalle principali teorie artistiche occidentali.
I numerosi personaggi rappresentati da Murakami, come quelli del Superflat Museum series, sono caratterizzati dalla presenza di più occhi, cosa si cela dietro questa ossessione oculare?
Si riferisce al modello di bellezza all’occidentale.  Gli “occhi all’occidentale”, più grandi e rotondeggianti, e o il “naso alla francese” sono le nuove icone della bellezza nipponica di inizio Terzo millennio, tanto da aver determinato un vero e proprio boom di interventi di chirurgia estetica. Numerose persone, non solo donne, vi si sottopongono annualmente per cambiare i tradizionali occhi a mandorla.
Difficile spiegare quali siano le ragioni più profonde che spingono tante giovani a sottoporsi a questi trattamenti: la moda, i modelli che vengono dal mondo del cinema, il fascino dell’Occidente.
Ma forse, anche il desiderio di sentirsi sempre giovani e belle avendo quello che non si ha per natura, ovvero un viso considerato più armonioso e affascinante e con tratti differenti , insomma gli occhi sicuramente sono la metafora  del mito della “bellezza all’occidentale”.
Takashi Murakami, Superflat Museum series
Takashi Murakami, 
Superflat Museum series
Bambini cattivi, fiorellini sorridenti, ragazze succinte, strani funghetti e psichedelici topolini chi sono tutti questi personaggi ed in che modo legano tra loro ?
L’universo fantastico dei lavori di Murkami evoca la condizione mentale della società giapponese, che ha superato incoscientemente il trauma bellico, sviluppando un lato infantile consumistico e oscuro, che ricorda il Pop di Andy Warhol, anche se si allontana dalla matrice densamente spirituale che caratterizza la poetica di questo autore. Le sue sculture ed i suoi quadri rappresentano una spiritualità fantascientifica e metaforica che appartiene al nostro presente ed in cui il male, si nasconde in modo sottile nella malinconia dei suoi personaggi . L’universo dei comics è il mondo preferito  dell’artista e lo rielabora nei suoi quadri e nelle sue sculture attraverso immagini manga e anime, creando personaggi dalla fisionomia ibrida, a metà tra alieni e cartoni animati, colori e forme nate da un mondo completamente inventato.
Agli occhi di molti visitatori la mostra potrebbe essere vista inconsueta nell’immaginario figurativo, qual è la loro reazione ?
Credo che questo discorso si possa assimilare in generale alla reazione  rispetto all’arte contemporeanea in generale. Prima della fine degli anni sessanta  la maggior parte delle opere poteva essere etichettata facilmente come frutto di una particolare scuola pittorica o determinate tendenze.
Nella storia e nella critica d’arte, specialmente nel XX secolo,  esistono manifestazioni artistiche che si discostano deliberatamente da ogni forma di rappresentazione che abbia diretto riferimento con l’esperienza sensibile o con la figurazione. Non parlo solo dell’astrazione, dopo la Seconda Guerra mondiale  sotto la denominazione di arte non figurativa si sono raggruppate esperienze artistiche che vanno dall’action painting o pittura gestuale alle varie esperienze dell’informale europeo.
In alcuni casi la materia  impiegata nelle nuove espressioni artistiche assume un’importanza determinante per l’esigenza di trovare un linguaggio diverso, in altri casi si arriva a parlare di arte concettuale e personalmente le tendenze artistiche contemporanee che più mi interessano, non sono figurative.
In un periodo di crisi economica e culturale, qual è la risposta delle istituzioni “private” e “pubbliche” nei confronti delle proposte innovative da parte degli operatori culturali?
Sicuramente è necessario trovare sinergie di interessi tra pubblico e privato, soprattutto attraverso il turismo culturale o il marketing territoriale. La cultura o il patrimonio sono risorse da tutelare, valorizzare e promuovere, ma anche motore di crescita economica e turistica, ciò necessita per il suo sviluppo del coinvolgimento di differenti professionalità e competenze. Il prodotto culturale  si caratterizza per una dimensione organizzativa di tipo progettuale e per la complessità, sempre più rilevante al giorno d’oggi, derivante dai contenuti artistici, dalla varietà e variabilità del governo dei molteplici processi realizzativi e da una preponderante componente del fattore umano.
La cultura può diventare sicuramente uno dei motori dello sviluppo cittadino: l’output che l’investimento culturale può innescare non si limita a creare un, seppur virtuoso, flusso di denaro, ovvero la ricchezza è meramente economica. Vi sono beni e servizi che non possono essere suscettibili di una valutazione meramente monetaria, il cui valore è per definizione considerato intangibile. Attraverso l’investimento in attività culturali si aumenta il livello intellettuale del capitale sociale che vive di relazioni, interscambio di conoscenze e cooperazione. Basta pensare all’effetto Guggenheim su Bilbao. È chiaro che la cultura non possa essere considerata la panacea di tutti i mali, ma è importantissimo valorizzare le esternalità positive che ne derivano.
Giuseppe Arnesano

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