lunedì 30 dicembre 2013

Performance di fine anno

Io dico “no” ai botti di fine anno. Iniziamo il 1 Gennaio 2014 con una maggiore sensibilità e speranza. In occasione della notte di Capodanno e per contribuire alla bellissima iniziativa dell’agenzia Piero Rodio Experience, promossa con l’ausilio dell’A.N.P.A.N.A. Lecce, associazione di guardie eco-zoofile e dall’assessorato alle Politiche Ambientali di Comune di Lecce, abbracciamo in senso “artistico” un’idea generata dalle arti visuali e conosciuta con il nome di arte performativa o performance. 

La performance sociale ideata dal blog “L’Arte Tra Le Righe”, userà la forza dei Social (Fb, Twitter ed Instagram) e la sensibilità di tanti per condividere ed appoggiare l’obiettivo degli organizzatori di “no” ai botti che, come comunicato dal presidente di A.N.P.A.N.A. di Lecce la raccolta dei fondi avrà lo scopo di realizzare un 118 veterinario, con un’ambulanza destinata solo agli animali, inoltre parte del ricavato raccolto sarà devoluto alla Croce Rossa Italiana Lecce per realizzare progetti d’interesse sociale.

Alla performance simbolica, che sarà vissuta da tutti coloro che allo scadere della mezzanotte libereranno in aria le silenziose lanterne di carta di riso, si potrà partecipare attraverso la pubblicazione sulla pagina evento di Fb di uno scatto singolo o di gruppo dedicato alla propria lanterna, precisando l’ hashtag #noaibotti2013 luogo del lancio ed un breve pensiero.

Un momento singolare fermato nell’intimità familiare o nella coralità di una compagnia che vedrà, nella manualità della costruzione della lanterna volante e del successivo lancio, gesti, sensibilità e stati d’animo condivisi nello stesso istante e con un unico risultato e benevolo per l’uomo e per tutti gli animali. Forma d’arte? fate voi!

In queste ultime ore è possibile acquistare la lanterna + bottiglia di vino con collarino della campagna di prevenzione Cri "Gusta la Vita bevi con moderazione”, legati al progetto che il Comune di Lecce intende promuovere presso l’Open Space di piazza S. Oronzo di Lecce.

DIFFONDETE L'INVITO A TUTTI I VOSTRI CONTATTI

lunedì 16 dicembre 2013

La forza della tradizione

Morandi, Carrà, Boccioni, Severini, Sironi, Capogrossi e tanti altri sono solo alcuni dei nomi che ruotano attorno alla figura del grande “padre dell’arte moderna”. Dal 5 ottobre scorso e fino al prossimo 2 febbraio 2014 le sale del Complesso del Vittoriano di Roma ospitano l’esposizione dedicata a “Cézanne e gli artisti italiani del ‘900”. La mostra, curata da Maria Teresa Benedetti con l’apporto di Denis Coutagne, Rudy Chiappini e Claudio Strinati del comitato scientifico, si compone di quattro sezioni tematiche ed iconografiche. Le sezioni sono precedute da un primo percorso documentaristico, dal quale emergono una serie di quaderni, saggi critici e letterali, riviste d’epoca che testimoniano la diffusione delle opere di Cézanne in Italia ed il vivace dibattito culturale di quegli anni.
La prima fase del percorso espositivo presenta un’attenzione particolare all’attività critica di Ardengo Soffici, che per primo ha promosso la pittura del maestro di Aix- en- Provence nel nostro Paese ed è proprio in un articolo del 1908, pubblicato sulla rivista senese “Vita d’Arte”, che Soffici definisce Cézanne “pazzo e primitivo…al modo scontroso dei mistici cristiani di Jacopone da Todi e Giotto”, enfatizzando in questo modo il rapporto fra modernità e tradizione che ha contraddistinto il linguaggio pittorico di Cézanne.
Secondo le parole della curatrice: “l’esposizione propone un’interessante ricostruzione della produzione dell’artista francese in relazione a quella dei nostri connazionali, mostrando e analizzando le ragioni del suo estro, gli interessi e le tematiche a lui più care, secondo un organico percorso volto a tracciare le linee principali del tessuto creativo della nostra storia culturale; in Italia Cézanne è avvertito da un lato come un innovatore, padre del cubismo e dall’arte pura, dall’altro come un classico, vicino ai grandi esempi della nostra tradizione”.
Negli ottanta capolavori realizzati dagli artisti italiani ed esposti in mostra, possiamo leggere, attraverso una mirabile selezione di paesaggi, nature morte, nudi e ritratti, le personalissime evoluzioni artistiche, le esperienze e gli stati d’animo di quei numerosi personaggi che si lasciarono sedurre dall’inconfondibile segno di Cézanne. Un vero e proprio dialogo si evolve dai sospesi e silenziosi paesaggi di Carrà alle immobili e quasi astratte Bagnanti di schiena di Pirandello, opera del 1955, fino ad uno dei più celebri gruppi eseguiti da Cézanne ossia Le Bagnanti del 1892 dove nelle ridotte dimensioni dei nudi ritratti, si percepisce pienamente quella graduale sintesi espressiva e vivacità cromatica; a questo piccolo olio su tela, proveniente dal Musée d’Orsay di Parigi, si contrappone Concerto, opera pittorica realizzata da Felice Casorati nel 1924, dove le più classiche e statiche figure femminili alimentano il senso dell’evolutivo linguaggio pittorico e l’importanza del dirompente influsso cézaniano. Tra le tante tele presenti nella sezione dei ritratti, posizionata al piano superiore delle sale espositive, troviamo il grande olio su tela del 1916 di Boccioni, intitolato Ritratto del Maestro Busoni, che incanta per quella forza che emerge dall’elegante posa e dalla suggestiva e cinetica tavolozza cromatica.
Forse le ventidue opere di Cézanne non saranno conosciute agli occhi del grande pubblico, ma senza dubbio la mostra “Cézanne e gli artisti italiani del 900” suggerisce, a quanti hanno poco conosciuto la cultura figurativa degli artisti italiani in quegli anni in parte oscurata dal “mito” spesso romanzato degli artisti parigini, nuove prospettive e sentimenti, colori e forme di un Italia pittorica che ha vissuto e si è evoluta egregiamente nel segno della tradizione e della modernità.

Giuseppe Arnesano



sabato 14 dicembre 2013

Al Pigneto "La Tela Trema"

Questa sera al Forte Fanfulla, in via Fanfulla da Lodi a Roma, è di scena il live painting "La tela trema" con Massimo Pasca ed Antonio Pronostico. Un incontro/scontro tra segni e visioni differenti che vederà i due artisti affrontarsi in una nuova esperienza performativa. L'idea dei due illustratori, nasce da un'esigenza corale che coinvolge direttamente il pubblico durante il processo creativo dell'opera. 




START ORE 18:30
FORTE FANFULLA 
(via Fanfulla da Lodi)
PIGNETO

giovedì 5 dicembre 2013

Al MAR di Ravenna L'incanto dell'affresco


Il MAR Museo d'Arte della Città di Ravenna prosegue la sua indagine su temi di grande interesse ancora da approfondire con l’ambizioso progetto espositivo dal titolo L'incanto dell'affresco in programma dal 16 febbraio al 15 giugno 2014, realizzato grazie al prezioso sostegno della Fondazione della Cassa di Risparmio di Ravenna.
La mostra, curata da Claudio Spadoni, direttore scientifico del Mar, e da Luca Ciancabilla, ricercatore del Dipartimento dei Beni Culturali dell’Università di Bologna (sede di Ravenna), si divide in sei sezioni, ordinate secondo un indirizzo storico-cronologico: dai primi masselli cinque-seicenteschi, ai trasporti settecenteschi, compresi quelli provenienti da Pompei ed Ercolano, agli strappi ottocenteschi, fino alle sinopie staccate negli anni Settanta del Novecento. 
Più di cinquant'anni or sono Roberto Longhi sentì per primo, anche sull'onda del successo della prima “Mostra di affreschi staccati” che si tenne al forte Belvedere di Firenze (1957), la necessità di allestire un'esposizione che potesse ripercorrere la secolare storia e fortuna della pratica del distacco delle pitture murali, una storia del gusto, del collezionismo, del restauro, e tutela di quella parte fondamentale dell’antico patrimonio pittorico italiano. 
Risalgono ai tempi di Vitruvio e di Plinio le prime operazioni di distacco, secondo una tecnica che prevedeva la rimozione delle opere insieme a tutto l’intonaco e il muro che le ospitava. Il cosiddetto “massello”, che favorì il trasporto a Roma di dipinti provenienti dalle terre conquistate altrimenti inamovibili, dopo secoli di oblio trovò nuova fortuna a partire dal Rinascimento - nel nord come nel centro della Penisola - favorendo la conservazione ai posteri di porzioni di affreschi che altrimenti sarebbero andati perduti per sempre. Così, in un arco temporale compreso fra il XVI e il XVIII secolo, vennero traslate la Maddalena piangente di Ercole de Roberti della Pinacoteca Nazionale di Bologna, Il gruppo di angioletti di Melozzo da Forli dei Musei Vaticani, La Madonna della Mani del Pinturicchio: opere queste presenti in mostra.
Un modus operandi difficile e dispendioso che a partire dal secondo quarto del Secolo dei Lumi venne affiancato, e piano piano sostituito, dalla più innovativa e pratica tecnica dello strappo, prassi che tramite uno speciale collante permetteva di strappare gli affreschi e quindi portarli su di una tela. Una vera rivoluzione nel campo del restauro, della conservazione, ma anche del collezionismo del patrimonio murale italiano. Così mentre nelle appena riscoperte Ercolano e Pompei si trasportavano su nuovo supporto e quindi al Museo di Portici le più belle pitture murali dell’antichità, nel resto d’Italia si diffondeva la rivoluzione dello strappo. Nulla sarebbe stato più come prima. Da quel momento in poi e fino a tutto il XIX secolo un numero cospicuo di capolavori della pittura italiana furono strappati, staccati dalle volte delle chiese, delle cappelle, dalle pareti dei palazzi pubblici e privati che le accoglievano da secoli, per essere trasportati in luoghi più sicuri, nelle quadrerie e nelle gallerie nobiliari e principesche d’Italia e di mezza Europa. Spesso infatti, dietro a conclamate esigenze conservative, si celavano implicite motivazioni collezionistiche. 
Andrea del Castagno, Bramante, Bernardino Luini, Garofalo, Girolamo Romanino, Correggio, Moretto, Giulio Romano, Niccolò dell’Abate, Pellegrino Tibaldi, Veronese, Ludovico e Annibale Carracci, Guido Reni, Domenichino, Guercino: tutti i grandi maestri dell’arte italiana fra la metà del Settecento e la fine del XIX secolo furono oggetto delle attenzioni degli estrattisti: Antonio Contri, Giacomo e Pellegrino Succi, Antonio Boccolari, Filippo Balbi, Stefano Barezzi, Giovanni Rizzoli, Giovanni Secco Suardo, Giuseppe Steffanoni, anche loro, come gli illustri artisti sopracitati, e come alcune fra le più belle pitture di Ercolano e Pompei, saranno protagonisti della mostra del Mar. 
Ma la prassi estrattista conoscerà la sua più fortunata stagione proprio nel secolo scorso, quando, a partire dal secondo dopoguerra, furono strappati e staccati un numero impressionante di affreschi. I danni provocati ad alcuni fra i principali monumenti pittorici italiani dai bombardamenti bellici, la convinzione che l’unica strada da percorrere per evitare che in futuro potessero reiterarsi danni irreparabili come quelli al Mantegna a Padova, Tiepolo a Vicenza, Buffalmacco e Benozzo Gozzoli a Pisa, fecero si che a partire dagli anni Cinquanta fosse avviata la più imponente campagna di strappi e stacchi che l'Italia abbia mai conosciuto. In caso di una nuova guerra, anche quella fondamentale porzione del nostro patrimonio pittorico si sarebbe potuta salvare ricoverandola nei rifugi antiaerei, come era stato fatto a partire dal 1940 con le tele e le tavole dei maggiori musei della nazione.
Prese quindi avvio la cosiddetta “stagione degli stacchi” e della “caccia alle sinopie”, i disegni preparatori che i maestri tre-quattrocenteschi avevano lasciato a modo di traccia sotto gli intonaci. Perché come nei due secoli precedenti, anche allora a evidenti e giuste ragioni conservative e di salvaguardia, se ne affiancarono altre, diremmo, di diverso interesse. Se nell’Ottocento era il collezionismo privato a favorire il trasporto degli affreschi, ora erano gli storici dell’arte e i musei della ricostruita Nazione a chiedere la diffusione su più ampia scala della tecnica estrattista. Questi interessati a studiare le opere grafiche, cioè le sinopie, di pittori che avevano lasciato assai poco al proposito su carta, gli altri a poter disporre di capolavori dell’arte italiana altrimenti inavvicinabili, rendendoli facilmente fruibili a tutti.
L’alluvione di Firenze fece il resto, mostrando al mondo intero la precarietà che condizionava la vita dei più straordinari affreschi italiani. Così, per sfuggire a morte certa, lasciarono per sempre il muro che li aveva custoditi da secoli Giotto, Buffalmacco, Altichiero, Vitale da Bologna, Pisanello, Signorelli, Perugino, Pontormo, Tiepolo trovando dimora in alcuni fra i più importanti musei della nazione e ora, per quattro mesi, nelle sale del Mar di Ravenna. 

Sede: 
Museo d’Arte della città di Ravenna

Enti organizzatori
Mar - Museo d’Arte della città di Ravenna

Patrocini: 
Regione Emilia-Romagna e Provincia di Ravenna

Periodo: 
16 febbraio – 15 giugno 2014

Curatori
Claudio Spadoni e Luca Ciancabilla

Enti organizzatori
Comune di Ravenna - Assessorato alla Cultura, MAR Ravenna

Sponsor ufficiale
Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna
Orari: 
fino al 31 marzo: martedì- venerdì 9-18, sabato e domenica 9-19, 
dal 1 aprile: martedì - giovedì 9-18; venerdì 9-21;
sabato e domenica 9-19 , chiuso lunedì
la biglietteria chiude un’ora prima
Ingresso
intero: 9 euro, ridotto: 7 euro, 
studenti Accademia e Università, insegnanti: 4 euro

Fonte: comunicato stampa Studio Esseci di Sergio Campagnolo

VISIVA: ecco il corso per Reflex Digitale

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Impara ad usare tutte le funzioni della tua macchina fotografica digitale, a saper realizzare ottime foto in tutte le situazioni di ripresa, in esterni ed interni

Il corso prevede 9 lezioni della durata di 3 ore ciascuna con frequenza settimanale in aula ed in location:

5 di teoria
3 di pratica
1 di analisi
Docenti
Wolfango De Spirito
Marco Salvadori
Adriano Thorel
Giorni ed orari
lunedì 19:30-22:30
inizio previsto
martedì 3 dicembre 2013

Requisiti
avere una reflex digitale e tanta passione
Finalità
il corso ti porterà ad avere una conoscenza completa del tuo apparecchio fotografico e delle solide basi per una crescita tecnica o artistica, imparerai a scattare foto in qualsiasi situazione, in interni ed esterni, con il flash ed in luce ambiente. Quasi tutte le lezioni di pratica vengono effettuate in sala posa con modelli e modelle.
Programma delle lezioni
  1. Meccanica della reflex: come è fatta una macchina fotografica, come funziona, quali sono i principi ottici e fisici
  2. Modalità di scatto: quali sono le differenze tra tutti gli automatismi, come "pensa" una reflex digitale
  3. Esposizione: la luce, le differenti modalità di misurazione e di valutazione
  4. Pratica in esterno o in location
  5. Autofocus: le varie modalità di messa a fuoco in automatico, differenza tra sfocato e micromosso
  6. Pratica in esterno o in location
  7. Bilanciamento del bianco e la temperatura colore: come realizzare foto con colori reali e vivaci
  8. Pratica in esterno o in location
  9. Revisione finale, analisi delle immagini realizzate dai partecipanti, commenti e valutazioni sui risultati ottenuti
...porta sempre con te la tua macchina fotografica, ti sarà sicuramente utile...
euro 250,00
Numero massimo 15 partecipanti

Per iscrizioni ed informazioni: info@visiva.info
fonte: sito Visiva

mercoledì 4 dicembre 2013

Roma in un click

L'Obelisco é dedicato a Guglielmo Marconi.  Fu realizzato da Arturo Dazzi su ordine del Duce nel 1937.
(cemento armato, alta 45 metri con lastre di marmo di Carrara)
Roma/Eur

Un corso di Fotografia Contemporanea al MUST



IL MUST SEGNALA/
Corso di scrittura fotografica contemporanea
Corso avanzato di linguaggi e tecniche fotografiche comparate
a cura di Mario Guerra

La "fotografia contemporanea" rimette in questione la sua funzione tradizionale di testimone della realtà per diventare l'espressione emotiva "non canonica" di una visione personale e interiore del reale. Di un onirico che divampa dall'immagine per tradurci altrove.
L'apparecchio fotografico non è più un filtro del reale o un modo di guardare al mondo, ma diventa uno strumento di "scrittura" a disposizione dell'autore-artista che interpreta suo modo la realtà asservendola alla propria necessità di racconto, a ciò che egli intravede e sente.
Un percorso puramente artistico che coinvolge tutti i settori specifici della fotografia, quali il ritratto, il design e la materia, l'architettura, il reportage, che saranno affrontati approfonditamente in questo corso avanzato.
Ciascuno di questi argomenti sarà trattato teoricamente e tecnicamente per essere immediatamente sviluppato in un breve progetto personale.

Argomenti del corso:
RITRATTO D'AUTORE
REPORTAGE CONTEMPORANEO
REPORTAGE D'AUTORE
DESIGN E MATERIA
ARCHITETTURA E INTERNI
EDITING E FINE ART

Docenti & Tutor del corso:
MARIO GUERRA
DAVIDE MONTELEONE
MASSIMO SIRAGUSA
SERGIO DE RICCARDIS
BRUNO BARILLARI
LORENZO PAPADIA

gennaio/maggio 2014
MUST museo storico città di Lecce

Info e costi sul sito www.fotoscuolalecce.it
info@fotoscuolalecce.it - 3348615548

martedì 3 dicembre 2013

A Firenze lo IED presenta ON/OFF EXPRESSIONS


ON/OFF EXPRESSIONS


Performing Identity
6 Dicembre 2013 dalle 18 alle 23
L’Evento creato dagli studenti IED presso ON/OFF Creative Center volto ad ispirare Energie Artistiche ed Identità nel Mondo della Moda

Grazie alla collaborazione tra gli studenti IED e la nuova location ON/OFF Creative Center for Fashion, Design and Cultural Events, la sera del 6 Dicembre 2013 avrà luogo un evento con performance all’insegna della moda, del design e dell’arte, presentate da artisti già affermati ed emergenti.
Sotto la guida delle due direttrici artistiche della location e con la collaborazione dei professori IED di Event Planning, gli studenti hanno creato un evento che si svolgerà presso il nuovo ON/OFF Creative Center, situato nello storico quartiere di San Lorenzo. ON/OFF EXPRESSIONS Performing Identity presenterà una combinazione unica di arte, moda e design, unite da giovani spiriti creativi per una serata di arte interattiva ed intrattenimento.

Gli artisti presenti metteranno in mostra le proprie creazioni interagendo l’uno con l’altro e con il pubblico, seguendo il tema dell’identità espressa attraverso arte, moda e body decoration. Massimo Pasca, affermato artista di origine leccese, tra i primissimi a ricercare nei territori del live painting dipingerà dal vivo ispirato dalla musica di Andrea Mi, dj e curatore di Mixology, e dalle improvvisazioni con il flauto e le sperimentazioni elettroniche di Alessandro Gigli.

Stefano Alinari, maestro orafo fiorentino, esporrà il suo design innovativo direttamente sul corpo umano, così da creare una connessione fra corpo ed arte. Michele Chiocciolini, stilista fiorentino che disegna i tessuti con cui realizza abiti cuciti a mano, darà vita alle proprie creazioni con una compagnia di ballo. Durante le esibizioni dei designers, sketch artists internazionali immortaleranno lo stile del pubblico.

Situato nel movimentato quartiere di San Lorenzo, Via Panicale 61 r, l’evento si svolgerà dalle 18 alle 23.

Fonte: comunicato stampa 

lunedì 25 novembre 2013

domenica 17 novembre 2013

In viaggio

Dai un'occhiata al Tweet di @lartetralerighe: https://twitter.com/lartetralerighe/status/402014057282437120

lunedì 4 novembre 2013

Palinopsia al Pastificio Cerere

recensione pubblicata su www.artribune.com

Pastificio Cerere- Rom, fino all'8 Novembre 2013. Il percorso espositivo, curato da Alessandro Dandini de Sylva, è dedicato a Enrico Boccioletti. "Palinopsia", progetto realizzato dal giovane artista, è inserito nel circuito di Fotografia - Festival Internazionale di Roma XII Edizione.

Alcune opere di Enrico Boccioletti nella sale
espositiva del Pastificio Cerere di Roma
Immagini diversificate e a tratti discutibilmente comprensibili invadono le sale espositive della Fondazione Cerere, situata nel quartiere romano di San Lorenzo. Improbabili paesaggi, ritratti bizzarri e grandi composizioni particolareggiate sono protagonisti delle opere di Enrico Boccioletti (Pesaro, 1984). 
L’artista in questa mostra presenta dei lavori nei quali il risultato finale riguarda il processo di creazione e alterazione dell’immagine: come, attraverso le evoluzioni del digitale, si modifica quotidianamente il linguaggio della fotografia contemporanea.
Nonostante la tematica concettuale risulti interessante, come anche alcune opere di piccole dimensioni dove l’artista pone l’attenzione agli interventi manuali che modificano la fotografia, tuttavia nel complesso Palinopsia perde d’intensità comunicativa soprattutto nella scelta delle composizioni dagli effetti digitali che occupano i grandi formati

mercoledì 30 ottobre 2013

Still Here

Articolo pubblicato su www.artribune.com

Negli spazi di The Gallery Apart, situata nel quartiere Ostiense di Roma, Gea Casolaro presenta un nuovo progetto intitolato “Still here”. Fino al 16 novembre, in mostra c’è una Parigi sognante.


La mostra, allestita tra le bianche e minimali sale della galleria, nasce inizialmente da un percorso personale che ha visto l’artista romana protagonista di una lunga esperienza nella Capitale francese. Oltre una ventina di stampe fotografiche di medio e piccolo formato modulano in maniera dinamica le superfici espositive, che ricordano a loro volta il grande schermo dove le narrazioni “foto-cinematografiche” di Gea Casolaro(Roma, 1965), fatte di pellicole, luoghi, personaggi reali e immaginari, prendono mnemonicamente vita. Al piano inferiore della galleria, che ospita una ricostruzione dell’atelier parigino presso il quale ha lavorato l’artista, abbiamo incontrato Gea Casolaro, che ha raccontato il suo linguaggio nella realtà di oggi: “I presenti sono tutti contemporanei, e il presente di allora continua a essere presente”. Still Here è una mostra intensa, dove quel magico legame tra fotografia e cinema abbraccia l’opera e il fruitore tra passato, presente e futuro.
Giuseppe Arnesano
Roma // fino al 16 novembre 2013
Gea Casolaro – Still here
THE GALLERY APART
Via Francesco Negri 43

domenica 27 ottobre 2013

Caravaggio




In onda su Rai Storia -Rewind, La Fiction, La Storia, Le Storie- : Caravaggio, 1967 - Regia di S. Blasi, con G.M. Volontè, C. Gravina, R. Palmer, C. Hintermann

mercoledì 23 ottobre 2013

Gemme dell'Impressionismo




Roma, Museo dell'Ara Pacis dal 23/10/2013 al 23/02/2014
Nuovo spazio espositivo Ara Pacis

La mostra Gemme dell’Impressionismo. Dipinti della National Gallery of Art di Washington, nasce dall’incontro e dalla collaborazione di due grandi istituzioni, Roma Capitale - Assessorato Cultura, Creatività e Promozione Artistica, e la National Gallery of Art di Washington.
Verso la fine degli anni ‘20 del XX secolo, uno dei massimi esponenti del capitalismo statunitense, imprenditore e banchiere, Andrew W. Mellon, avviò quella che sarebbe poi diventata una delle collezioni d’arte più importante al mondo, con l’ambizione di abbracciare il meglio dell'arte europea dal medioevo al XVIII secolo. Dopo la sua morte, 1937, a raccogliere la sua eredità furono i figli, Paul ed Ailsa, i quali coltivarono la stessa passione del padre, arricchendo quella che a noi oggi è nota come Collezione Mellon ed è conservata, a seguito di una donazione, presso la National Gallery of Art di Washington.
Gli artisti francesi in genere e quelli impressionisti e postimpressionisti in particolare, hanno sempre avuto una grande preminenza nella collezione Mellon, non a caso ne annovera i capolavori più eloquenti. Ad occupare gli spazi espositivi del Museo dell’Ara Pacis di Roma saranno infatti artisti quali Manet, Monet, Degas, Renoir, Boudin, Pissarro, Bonnard, Toulose-Lautrec, Cèzanne, Gauguin, Van Gogh e Seurat.
La mostra realizza un focus sulle opere impressioniste e postimpressioniste della Collezione. È così che nasce un percorso espositivo unico nel suo genere, e reso possibile grazie al prestito di ben 68 opere, con l’intento di presentare al grande pubblico non una mostra qualunque di artisti impressionisti e postimpressionisti, ma una mostra che ambisca a comunicare un punto di vista diverso ed esclusivo, ovvero quello di una collezione d’arte privata, dunque opere acquisite secondo un’idea ed un gusto, del tutto personale quale quello del collezionista, filtrato, intimo, ma con la forza comunicativa che solo i grandi capolavori possiedono.
La mostra, promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Creatività e Promozione Artistica- Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, National Gallery of Art di Washington e organizzata da Zètema Progetto Cultura, è a cura di Mary Morton, responsabile del Dipartimento Pittura Francese della National Gallery con il coordinamento tecnico-scientifico per la Sovrintendenza Capitolina di Federica Pirani.
Catalogo
Edizione Italiana del catalogo: De Luca editori d’Arte 
A cura di: Isabella Colucci, Renato Miracco e Federica Pirani


Fonte: Comunicato Stampa
                       Per maggiori info: http://www.arapacis.it/          

venerdì 11 ottobre 2013

"Pictor Urbis"


A Palazzo Barberini dal 1° novembre 2013
la prima mostra monografica dedicata a un grande protagonista del Rinascimento a Roma

Antoniazzo Romano "Pictor Urbis"

1 novembre 2013 - 2 febbraio 2014 Roma, Palazzo Barberini



Sotto l'Alto Patronato del Presidente della Repubblica, la Soprintendenza Speciale per il Patrimonio storico artistico ed etnoantropologico e per il Polo museale della città di Roma, diretta da Daniela Porro, presenta la prima mostra monografica dedicata al pittore rinascimentale Antoniazzo Romano.

La rassegna, promossa e organizzata dalla Soprintendenza e curata da Anna Cavallaro e Stefano Petrocchi, è allestita negli ambienti monumentali dedicati alle mostre temporanee al piano terra di Palazzo Barberini. Antonio Aquili detto Antoniazzo Romano (Roma 1435/40 - 1508), figura centrale del Rinascimento, fu attivo per quasi mezzo secolo fino al primo decennio del Cinquecento a Roma e nel territorio laziale. La mostra illustra il contesto in cui si sviluppa la vicenda artistica del maestro e le svolte fondamentali nella sua produzione. 

Antoniazzo Romano "Pictor Urbis"
1 novembre 2013 - 2 febbraio 2014

Roma, Palazzo Barberini
Via delle Quattro Fontane, 13
Orario: dal martedì alla domenica dalle 10.00 alle 19.00 (la biglietteria chiude alle ore 18.00)
Chiusura: il lunedì, il 25 dicembre e il 1 gennaio

UFFICIO STAMPA
Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico-Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della Città di Roma
Anna Loreta Valerio, responsabile
Davide Latella
06 6999 4218 - 06 6999 4294
Email: sspsae-rm.uffstampa@beniculturali.it

www.galleriabarberini@beniculturali.it


Fonte: comunicato stampa 

martedì 8 ottobre 2013

CreArt 2013: un progetto europeo che abbraccia il Salento

(Radek Kalhous)

Con grande entusiasmo e partecipazione lo scorso 5 ottobre è stata inaugurata la nuova edizione di CreArt2013- network of cities for artistic creation- ; un grande progetto corale che ha visto ancora una volta il capoluogo salentino protagonista nello sviluppo artistico e della cooperazione culturale. In occasione dell'evento abbiamo incontrato Lorenzo Madaro, direttore artistico di CreArt-Lecce.
In una situazione di crisi o presunta tale, come è stata questa edizione del quinquennale progetto di CreArt 2013?
 CreArt, il progetto europeo che vede il Comune di Lecce protagonista insieme ad altre undici realtà internazionali, con la sua energia legata alla giovane creatività ignora la crisi, guarda al futuro con un fare plurale, proponendo progetti espositivi, residenze d’artista, workshop e appuntamenti divulgativi. Durante la tappa leccese del 4 e 5 ottobre sono andati in scena dei dialoghi tra artisti di diverse generazioni e provenienza con Francesco Arena, moderati dalla giornalista e curatrice Adriana Polveroni, una mostra corale allestita a Palazzo Vernazza, a cura di Ilaria Bonacossa, e il progetto del Barbonaggio teatrale di Ippolito Chiarello, insieme a una serie di “sorprese”, come il video mapping concepito da Hermes Mangialardo e realizzato da CooClub in collaborazione con Plasmedia. Grazie al contributo dell’Assessorato alle Politiche Comunitarie e all’Assessorato agli eventi e alla Cultura del Comune di Lecce, abbiamo vissuto due giornate molto intense a contatto con i nostri partners, gli artisti del progetto CreArt e gli allievi e i docenti dell’Accademia di Belle Arti e del Liceo Artistico Ciardo Pellegrino di Lecce. Ma CreArt è stato soprattutto un lavoro di squadra, perciò vorrei ringraziare Alessandro Delli Noci, Luigi Coclite, Raffaele Parlangeli, Nicola Elia e il personale dell’Ufficio Europa e dell’Ufficio Cultura, Emilia Ruggiero che ha collaborato intensamente con noi, CoolClub, in particolare Cesare Liaci per la straordinaria vicinanza, Marconi Web di Maglie, Salento web TV e l’associazione Nasca per la loro professionalità che ha contribuito all’ottima riuscita del progetto.

Mark Sengsbratl
Mark Sengsbratl
In che modo le opere degli artisti esposte alla mostra intitolata More real than the Real, curata da Ilaria Bonacossa,  si relazionano al tessuto socio- culturale della città?
Il percorso espositivo all’interno di Palazzo Vernazza è stato pensato come un circuito liquido, in cui le opere si relazionano con lo spazio espositivo attraverso la proposizione di diversi linguaggi. Penso in particolare all’opera site-specific di Marit Roland, concepita all’interno di uno spazio molto suggestivo del primo piano del palazzo, forse una delle architetture più belle della città. Non ci sono relazioni immediate con il tessuto socio-culturale di Lecce, se non nella sua propensione europea, internazionale, da pensare anche nell’ambito della candidatura a capitale europea della cultura. Gli artisti in mostra infatti si riferiscono a diverse culture internazionali, senza dimenticare le radici, le provenienze geografiche e culturali di ognuno. Ma questo è un fattore estremamente positivo, poiché la mostra propone visioni estremamente sfaccettate di alcune tendenze dell’arte di oggi.
Qual è stato l’apporto e l’esperienza dell’artista Francesco Arena?
L’appuntamento con Francesco Arena rientra in un ambito del progetto che ho pensato di proporre a Lecce per cercare di definire un contatto tra gli artisti di oggi e quelli di domani, ovvero i giovani studenti dell’Accademia e dei licei artistici del territorio. Dopo l’appuntamento con Luigi Presicce ospitato alcuni mesi fa, abbiamo ospitato Francesco Arena, che insieme a Adriana Polveroni, ha raccontato le fasi progettuali del suo lavoro, proponendo la documentazione fotografica dell’installazione in mostra al Padiglione Italia della Biennale di Venezia e altri suoi interventi recenti. In questo frangente abbiamo poi discusso, con il fattivo intervento del pubblico, su alcuni problemi sostanziali del sistema dell’arte, con un doppio sguardo tra la Puglia e l’Italia e il contesto internazionale.
Da operatore culturale secondo te, quali sono le criticità che emergono all’interno del nostro territorio
Marit Roland
Marit Roland
e quali le possibili soluzioni?
La Puglia è evidentemente una terra-laboratorio in cui sono sempre accadute delle “cose”; penso al Maggio di Bari, ai gruppi d’avanguardia in Salento, all’operatività di gallerie storiche come Marilena Bonomo e dei critici militanti, oltre che naturalmente ad alcuni artisti che qui hanno deciso di rimanere o sostare e di realtà come la Fondazione Pascali di Polignano a Mare, per esempio. Ma sicuramente abbiamo subito una certa posizione geografica, e fors’anche culturale, periferica. Negli ultimi anni però c’è un’energia nuova, una vitalità ulteriore che sta rianimando i nostri centri storici, sta dando spazio a giovani operatori e rivitalizzando i luoghi espositivi. Credo però che tra gli aspetti sostanziali su cui bisognerebbe lavorare, ma si tratta di un problema complesso, è quello del mercato. In Puglia, nonostante la presenza di numerosi artisti e di diversi spazi espositivo, oltre che di collezionisti, manca un vero e proprio mercato dell’arte. Il mercato alimenterebbe ulteriormente questa energia, renderebbe tutti più responsabili, consentirebbe agli artisti una stabilità economica, che poi si ripercuoterebbe anche negli altri ambiti professionali legati all’arte: dai curatori ai critici. Le soluzioni? Quelle riguardano in generale il sistema Italia, le questioni legate alla defiscalizzazione sull’acquisto delle opere d’arte, mentre nello specifico credo che bisognerebbe continuare ad investire sulla formazione. Senza questo aspetto non c’è la consapevolezza del valore dell’arte contemporanea, della sua funzione sociale. Ma naturalmente la prima cosa, e di questo ne abbiamo discusso a lungo durante l’incontro con Francesco Arena, è la qualità di un percorso, l’interesse di una ricerca artistica.

domenica 15 settembre 2013

Ritratti d'Artista/ l'esperienza pittorica di Massimo Pasca


A qualche settimana dalla conclusione della mostra “Apocalypse moi”, curata da Francesco Aprile ed Alessandra Loalè negli ampi spazi della galleria Imperial Town a Casarano (Lecce), Massimo Pasca è pronto per l’ennesima esposizione che lo vedrà protagonista a Pisa, città adottiva durante il periodo di formazione. Le opere di Massimo Pasca sono gesti artistici spontanei, dove sia nel piccolo o nel grande formato si percepisce un corale ritmo figurativo ed un caotico senso del sonoro. Tutti i suoi personaggi hanno un qualcosa da comunicare, in un qualsiasi modo o linguaggio possibile; segni, gesti ed episodi singolari si caratterizzano in maniera analitica per le numerose sfaccettature della poetica espressiva di Pasca. Un’idea pittorica immaginifica, nella quale l’elaborato gusto “pop” dell’artista, s’armonizza brillantemente tra realtà e fantasia, immaginario collettivo e denuncia socio-culturale. Quella di Pasca è un’esperienza iconico/narrativa invitante e stimolante che come racconta l’artista: “appena t’ho fatto annusare il mio lavoro devo subito darti il secondo livello, farti vedere la pentola con il sugo, da cui arriva il profumo,  se tu lo sai assaggiare  ed apprezzare sei arrivato al terzo livello poi, come nei video games,  c’è il mostro e tocca a te”. Una breve chiacchierata per conoscere meglio le sue opere, la mentalità dell’artista ed il rapporto con la cultura artistica salentina.

Terminata Apocalisypse Moi, qual è stato il “significante” dell’esposizione?
Diciamo che è strettamente correlato al significato! Un bel Boom!che è anche molto fumettoso.

Qual è l’origine figurativa nelle tue narrazioni?
I quadri e  le illustrazioni sono principalmente di due tipi, quelli che nascono da un’immagine fulminante che mi passa per la testa e intorno alla quale ruotano una serie di elementi catartici, e quelli dove l’origine viene  annullata, dimenticata perché è frutto di un processo catartico e sognante, che accade soprattutto nei live painting, dove giro e rigiro il quadro mi perdo e mi ritrovo anche grazie alla musica. Nel primo caso le immagini devono  essere subito riconoscibili soprattutto nella loro figura principale, devono “Popurlare”nelle orecchie di chi “ascolta”.
Evito che il disegno sia accademico, “corretto” e preferisco mettere a frutto il lavoro che ho fatto per diversi anni soprattutto intorno alla fine degli anni novanta quando ho praticato i territori dell’informale, anche nei live painting,  e che oggi cerco di fare attraverso lo studio del segno. Raramente faccio una bozza e praticamente mai, uso la matita.

Con quali occhi hai visto per la prima volta “Tuttomondo” ?
Arrivai a Pisa nel 1994 e la prima volta che vidi Tuttomondo conoscevo già Keith Haring, frequentando già  un contesto fatto di musica posse, rap, reggae e writing anche se fra molti dei miei amici non era considerato un vero e proprio writer  perché dipingeva a pennello. In seguito scrissi un articolo su questo lavoro per una fanzine universitaria a cui feci seguire un articolo sul muralismo messicano. Mi appassionai molto alla figura del pittore americano  tanto che chiesi al mio professore di Storia dell’ Arte Contemporanea di poter fare una tesi su di lui, ma mi venne risposto che non era sufficientemente storicizzato. Nella piazzetta Sant’Antonio, di fronte al murales che oggi ha ottenuto il vincolo della Soprintendenza ed è stato dichiarato di “interesse storico-artistico particolarmente importante”, c’era una stazione degli autobus e spesso mi capitava di perdermi in questo binomio grigiosmog , da un lato con i bus che partivano, e il  colore degli omini di Keith dall’altro.
Tre anni fa gli ho dedicato un dipinto di grandi dimensioni dove lui (che aveva definito nei suoi scritti  Pisa un paradiso) e Dante (famosa la sua invettiva contro Pisa) improvvisavano un braccio di ferro. Poi ho avuto il piacere  di essere intervistato dal giornalista  Carlo Venturini e comparire nel libro Haring a Pisa edito da ETS, un bel modo di rifarmi della tesi mancata. Fortunatamente ho,  per cosi’dire ripiegato, su Pier Paolo Pasolini.

In che modo il valore semantico del disegno abbraccia quello cromatico?
E’ un modo molto naturale, mi riesce senza tanti calcoli,  uso i colori e il segno lasciandomi trasportare, faccio un colore e poi lo modifico e lo uso con una certa rotondità, così come cerco di fare nei disegni. Per seguire un’idea che passa velocemente cerco di essere morbido, un colore “sbagliato” può rovinare la rotondità di quel flusso. Quando disegno i quadri monocromatici scelgo il colore di fondo con la stessa logica, decido senza rifletterci troppo.

Miao
In un’epoca in cui nella maggior parte dei casi il significato dell’immagine è stato brutalmente contaminato, nelle tue opere stringi un legame iconografico diretto ed a volte celato con i grandi maestri dell’arte, quali sono le connessioni tra il tuo linguaggio contemporaneo ed i brani figurativi che hai citato?
Un artista è tale credo, perché si serve di tutto ciò che gli sta intorno per creare visioni personali.
Io rubo, rubo dalla gente, dalla strada, da internet, dai maestri del passato, dai miei stessi sogni, dal mio stesso passato. Ma non sono e non mi sento un Flâneur nel senso baudelairiano del termine. Non vado in giro con il taccuino d’artista, quelle sono stronzate. Distruggo i miei miti e le immagini più famose le rielaboro in testa, con una ironia spesso amara, so bene cosa attira l’attenzione della gente, e il primo passo  deve sempre essere attirare l’attenzione. Se senti un profumo per strada alzi la testa e cerchi di capire da dove viene, se non trovi nulla continui a camminare.
Ecco, appena t’ho fatto annusare il mio lavoro devo subito darti il secondo livello, farti vedere la pentola con il sugo, da cui arriva il profumo,  se tu lo sai assaggiare  ed apprezzare sei arrivato al terzo livello poi, come nei video games,  c’è il mostro e tocca a te. Se capisci fino in fondo il mio discorso sono contento,  altrimenti hai sempre il primo livello sul quale giocare o immaginare, o da vivere un attimo e dimenticare. Ho molto rispetto del mio pubblico. Molti artisti viaggiano sempre da soli, io chiedo alla gente se interessa salire sul mio treno psichedelico, ironico, visionario. Questo per me è essere contemporanei. La mia Gioconda ti taglia il pene, Dante si spara in bocca pur non essendo un imprenditore (altrimenti  finisce che in Italia ci sia ammazza solo per i soldi), Platone e Aristotele della Scuola di Atene di Raffaello diventano Zeman e Andrea Pazienza, presto toccherà a Biancaneve ed a Andy Wharol. Puoi rielaborare le immagini più famose ma poi ci devi mettere del tuo ed è molto difficile, ad esempio, fare scordare la Gioconda e farla diventare qualcos’altro.

In che modo percepisci la musica durante i “live painting”?
Quando faccio i live painting la musica è come un cerchio, un percorso sul quale mi sento al sicuro, come un puntino che corre su una pista di atletica. Da una parte c’è un sound system montato o un gruppo che suona, e dall’altra il pubblico che ti guarda alla spalle, ho fatto centinaia di live painting e non mi sono mai sentito in imbarazzo o sotto pressione. Per me è come avere una struttura sicura  con la quale lottare senza bisogno di vincere. Non ci sono traguardi. In questo dialogo se così si può chiamare non c’è nulla di oggettivo.

sudestnew
Le recenti evoluzioni dell’arte digitale hanno cambiato il modo di concepire l’immagine figurativa ed il lavoro dell’artista?
Sicuramente.  Ma è più facile accorgersi, almeno per me, dove la tecnologia è al servizio della propria o altrui creatività e dove è semplicemente fine a se stessa. Il campo della video art mi sembra il più colpito. La perdita dell’aura dell’opera d’arte di cui parla Benjamin, azzardo che sia ancora intatta,  anche se diversa.
Se ad esempio guardi un mio quadro dal vivo o vedi la foto dello stesso pubblicata su facebook dovrebbe esserci un abisso, a livello di sensazione trasmessa.
Invece l’aura su Facebook, secondo me potrebbe essere recuperata nello spazio temporale del  fattore sorpresa di quando viene postata la foto di un quadro. Ma questi sono discorsi che dovrebbero fare i critici d’arte io mi limito solo alle mie sensazioni. Poi loro me le rubano (ride).

Da Pisa a Lecce, qual è lo stato della cultura artistica nel capoluogo salentino?

La situazione non è affatto malvagia. Avendo girato praticamente tutta l’Italia in lungo e in largo ed essendo stato in un posto bellissimo come la Toscana, posso dire che nel Salento rispetto a venti anni fa quando sono andato via per studiare le cose sono migliorate tantissimo. E al sud pochi posti sono cosi avanti. Il miglioramento  c’è stato soprattutto a livello di presa di coscienza delle proprie potenzialità. Il mondo che mi sembra più attivo è quello dei video e del cinema, dove ho visto davvero ottime cose. E gli standard sono abbastanza alti. A livello artistico  ci sono realtà collettive davvero interessanti che si muovono con un’ottica europea, fatta di collaborazioni dove gli artisti non sono semplicemente creatori ma diventano anche promotori di eventi e collaborazioni, dove c’è scambio reale e soprattutto non ci sono invidie inutili, cosa che purtroppo a Pisa riscontravo spesso.  Il lato negativo è che molti si sono accorti che questa strana creatura chiamata cultura è qualcosa che funziona ed è anche uno specchietto per le allodole,  spesso mi sono trovato davanti a situazioni dove poi in realtà c’è solo una scenografia montata, quella si, ad arte, dietro la quale ci sono solo piccoli e grandi interessi economici o personali. Ma credo che questo accada in ogni provincia. Io magari sono troppo severo perché per me l’arte è la prima cosa e le dedico ¾ del mio tempo, ma credo che molti abbiano dedicato più tempo a guardare film e leggere biografie di artisti che a sperimentare. A livello di investimenti  in cultura qualcuno e qualcosa di buono c’è , ma bisogna che alcuni prendano coscienza del fatto che se non ci fossero gli artisti il loro lavoro non esisterebbe , mentre gli artisti esisterebbero comunque, anche se meno visibili. Da parte loro gli artisti dovrebbero ascoltarsi di più e smetterla di piangersi addosso. Quelli che sopporto di meno sono gli ultimi, quelli che pensano di non esistere se gli altri non li fanno esistere. Magari non esistere davvero!!! Come diceva bene Carmelo.

sabato 14 settembre 2013

Il segno come proiezione mentale

Recensione pubblicata su www.artribune.com

Lo spazio abitato
dimensioni ambiente
polimaterico 2010
Estese e figurativamente silenziose sono le opere di Giangaetano Patanè in mostra fino al prossimo 18 settembre, nelle sale espositive del Chiostro del Bramante. La personale dell’artista romano, intitolata “Self- Made Man” e curata da Elena del Drago, raccoglie oltre venti tele, una cospicua selezione di disegni ed alcune sculture nelle quali la terracotta assume un’importanza rilevante. Un percorso espressivo e decisamente materico quello che Patanè elabora attraverso una plurale ed articolata commistione di elementi, dove le grandi superfici pittoriche si lasciano ammirare e reinterpretare da intime riflessioni, dalle quali emerge la forza di un legame comunicativo indiretto tra l’artista, l’opera ed il fruitore. Negli spazi immaginifici, dalle tenui ed a tratti contrastanti tinte cromatiche, il segno di Patanè diviene immagine personale di una proiezione mentale dell’essere umano, emblematiche in questo caso le opere intitolate Corteccia Celebrale,Tra ali e terra e Parole al vento. Scenari, donne, enormi cetacei ed altri animali affollano le sale successive della mostra, arricchendo così l’universo simbolico del pittore che, in alcune tele come il Mostro è sottoterra, Orribili alberelli ed Il giardino di Dio,  ripropone un piccolo bozzetto narrativo o paesaggistico nel quale raffigura la versione reale di un dettaglio o del soggetto della tela; un espediente fondamentale che ci riporta fisicamente e mentalmente nella nostra dimensione.
Nelle opere polimateriche o nelle teste di terracotta dipinta, la poetica intimistica dell’artista abbandona i confini bidimensionali della tela, confrontandosi in maniera aperta e talvolta macabra con il gusto e le sensazioni dello spettatore (Lo spazio abitato, Self- made woman e Folle volo). Una serie di piccoli disegni su carta con inchiostro, grafite ed acquerelli ritrae solitari ed erotici corpi femminili, paesaggi invernali e segni antropomorfi. Una delle prime opere presenti in mostra è intitolata Freschezza 1, un olio su tela del 1994, dove in un corposo mare aperto, un uomo nuota verso l’indefinito pittorico, e prefigura un allontanamento dell’autore dalle passate concezioni figurative fino allo smarrimento corporeo, per ritrovarsi sentimentalmente nelle soluzioni concettuali che hanno caratterizzato l’esposizione romana.

Giuseppe Arnesano

domenica 1 settembre 2013

Il punteruolo rosso

Profondi ed a volte oscuri, come quelli dell’animo umano, sono le tinte cromatiche che ricoprono completamente la tela. La precisione anatomica del disegno e le decise tonalità coloristiche creano sulla superficie un vuoto interiore e pittorico dal quale emerge, attraverso un uso calibrato della prospettiva dall’alto, un realistico ed ombreggiato volto femminile, nel piatto invece ricolmo di piccole larve spicca il micidiale coleottero rosso. Così come nella realtà il punteruolo aggredisce i lembi più giovani della pianta, nel simbolismo pittorico dell’opera,  l’insetto attacca dall’interno la giovane  protagonista.

Adriana De Santis, Il punteruolo rosso, olio su tela, 80x100
La tela è stata esposta nella collettiva "L'amor folle" curata da Marco Morelli nell'ambito della quarta edizione del Festival Note al Chiaro di Luna svoltosi a Trepuzzi dal 23 al 31 Agosto 2013

mercoledì 21 agosto 2013

Questa sera a Trepuzzi si parla di Salute ed Ambiente

L'incontro informativo, organizzato dal gruppo Fb Trepuzzi da Amare, si  terrà alle ore 20:00 presso Largo Margherita a Trepuzzi

martedì 6 agosto 2013

Viaggio nella periferia romana

Nella periferia Est della Roma contemporanea, all’interno dei confini capitolini che definiscono nominalmente il quartiere Alessandrino, la zona urbanistica di Tor Tre Teste (così chiamata per via di un bassorilievo in travertino raffigurante tre teste, posto sulla facciata di una chiesa seicentesca), attualmente facente parte del V Municipio, è apparentemente lontana dal circuito turistico cittadino; eppure quest’estremo paesaggio in via di sviluppo presenta, come molti già sapranno, un’opera ingegneristica di raffinata bellezza.
La parrocchia di Dio Padre Misericordioso (Dives in Misericordia), nota come chiesa di Tor Tre Teste, venne realizzata dall’architetto statunitense Richard Meier in seguito al concorso internazionale per sei progettisti bandito nel 1995 dal Vicariato di Roma ed intitolato “50 chiese per Roma 2000”, l’idea del progetto era quella di creare in tutte le zone periferiche della città, dei centri parrocchiali in occasione del grande Giubileo.
Nel 1996 Meier si aggiudicò l’edizione che avrebbe celebrato i festeggiamenti dell’Anno Santo nel 2000, ma la Chiesa del Giubileo, viste le complicate soluzioni architettoniche, finì per essere inaugurata soltanto nell’ottobre del 2003. La chiesa di Dio Padre Misericordioso, realizzata dall’architetto a qualche anno di distanza dalla discussa struttura che racchiude il Museo dell’Ara Pacis, è un unicum architettonico nell’esteso paesaggio romano che rimanda alla simbologia cristiana di una barca, riferita alla barca di Pietro, dove per “barca” si intende da sempre la Chiesa e per estensione il “Popolo di Dio”. Un’opera notevole, bianchissima e lucente dove le immense vele, realizzate con cemento levigato ed arricchite dalla macinazione del marmo bianco di Carrara,  sono gonfie di vento che spinge la grande Barca/Chiesa verso “i mari del Terzo millennio”.
Le pesanti vele, inneggianti alla Trinità ed installate su di una pianta con schema compositivo di cerchi, quadrati ripetuti ed intrecciati, danno sul lato interno consistenza al corpo centrale della chiesa, quello che nella concezione classica è conosciuto come navata; il complesso quindi, preceduto da un sagrato marmoreo e da una lunga pensilina che protegge l’ingresso dei fedeli, si compone dall’aula delle funzioni religiose e dal centro parrocchiale; lateralmente all’ingresso principale, svetta una torre campanaria sulla quale è verticalmente impostata una fila di campane in bronzo disposte in ordine dimensionale decrescente, ognuna delle quali presenta una dedica singolare.
Dalla vela più grande, alta oltre 26 metri, si distende perpendicolarmente il soffitto e le facciate laterali realizzate con delle enormi vetrate che amplificano quell’idea di luce e dialogo con l’Eterno. Inoltre l’interno della luminosa chiesa, caratterizzato da un’armonia cromatica, sobria ed architettonicamente asimmetrica, custodisce gli essenziali e geometrici elementi decorativi che compongono l’apparato liturgico. La poderosa presenza del travertino, attraverso il quale vengono realizzati l’altare, che stilisticamente riprende le forme di una barca, la fonte battesimale e l’acquasantiera, è intesa come un rimando poetico all’utilizzo del marmo durante l’età romana. L’elegante variazione cromatica all’interno della chiesa emerge invece dal chiaro legno di ciliegio utilizzato per la realizzazione del matroneo e dei banchi; l’organo, posizionato su di una balconata si contrappone ed inquadra il grande crocifisso,  l’unica opera lignea del Seicento che anticamente era posizionata in un’altra parrocchia romana.