mercoledì 25 maggio 2011

Un parere sulla 'Visione di Ezechiele' in Pitti, Roberto De Feo e la carta straccia italiana.


Visione di Ezechiele, 1518
Firenze Palazzo Pitti
E' di scottante attualità il caso che ha smosso gli animi di storici e amatori d'arte nell'ultima settimana: il caso della "Visione di Ezechiele" nella Galleria Palatina di Palazzo Pitti - Sala di Nettuno - tradizionalmente attribuita a Raffaello Sanzio da Urbino; opera dalla letteratura sterminata e dall'aneddotica memorabile, ma che, a detta di Roberto De Feo, non è l'originale.
Le vicende sono state raccontate in prima istanza dal settimanale 'L'Espresso'. Più che la vicenda del dipinto, viene narrata la storia del ricercatore incompreso, scoperto in erba da Vittorio Sgarbi (accipicchia!) e avviato alla carriera di storico dell'arte che, ahinoi!, nonostante sia capace di smascherare una 'patacca', un 'falso', scambiato per Raffaello per secoli, non ha ancora il posto all'Università. Nonostante abbia viaggiato un sacco per fare questa ricerca!!! E gli dicevano di essere umile e di studiare i minori e lasciar stare Raffaello ai grandi come Argan!!! E soprattutto - sacrificio dei sacrifici - ha dovuto girare per città come Ferrara, Londra e Pargi!
Povero De Feo...Peccato che sia nella condizione di tutti quelli che fanno questo mestiere in Italia!
Senza nulla togliere alla scoperta - volendo ammettere che questa ci sia stata davvero (ma credo si saprà solo all'atto di un confronto delle due opere fatto nelle sedi scientifiche più adeguate) - avrei qualcosa da dire al giornalista che ha scritto l'articolo. Posta la banalità nel paragonare questo caso al 'Codice da Vinci' di Dan Brown - che come ho precisato altrove non credo abbia mai avuto pretese di scientificità, ma il pubblico non riesce proprio a fare certi tipi di distinzioni - credo che sarebbe stato un bene informarsi su diverse cose:
- perchè chiamare 'falso' una cosa che eventualmente sarebbe una 'copia da' Raffaello'?
- gran parte della storia dell'arte è ancora polarizzata dalla figura dei conoscitori, ovvero quella gente capace CON L'AUSILIO DELL'OCCHIO di individuare la mano di un pittore piuttosto che un altro; diciamo che poi possono venire ncontro i documenti, però grossa parte del lavoro la fanno altri tipi di ricostruzioni.
- è del tutto normale che uno storico dell'arte debba viaggiare per ricerche...anzi, spesso vengono intrapresi viaggi assurdi già per le tesi di dottorato, quando non per quelle di laurea.
Precisato ciò, gli storici dell'arte si lanciano un po' tutti nella pratica della connoisseurship. Cosa dobbiamo fare? Tutte le volte che ognuno attribuisce un'opera ad un pittore o smaschera una copia o, peggio, un falso, ha diritto ad avere una cattedra universitaria?
Su 'Il Foglio' è salito in cattedra - guarda un po' - Sgarbi, sbugiardando il suo allievo. Inoltre pare che Settis non abbia ancora letto il saggio del De Feo.
Insomma: bufale, lacrime di coccodrillo, elemosine...C'è un po' tutto in questa faccenda, tranne la storia dell'arte!. Con l'augurio che la prossima volta che ci sarà da scrivere un pezzo riguardante questa materia, ci si rivolga a qualche addetto ai lavori - magari evitando di fare pubblicità a chi non ne ha bisogno, addirittura citando aforismi usciti dalla sua bocca in momenti di 'insegnamento'...d'altra parte, ognuno fa il mestiere per il quale è tagliato...e Sgarbi è più in televisione che tra le pagine delle riviste specializzate (e tengo volutamente da parte le mostre...).
Credo inoltre che per gli storici dell'arte di tutto il mondo questa faccenda della "Visione di Ezechiele" a Pitti, tradizionalmente attribuita a Raffaello, abbia costituito un' ulteriore conferma di un unico fatto: di fare storia dell'arte non si finirà mai! Con buona pace dei giornalisti!

Stefania Castellana

sabato 7 maggio 2011

L'esistere è resistere

Pubblicato sul Il Paese Nuovo domenica 8 maggio 2011

Libri/ "Indignarsi non basta" di Pietro Ingrao, Aliberti

“Indignarsi non basta” è il titolo del nuovo libro/intervista incentrato sulla veneranda personalità di Pietro Ingrao; il testo è stato curato dai docenti Maria Luisa Boccia ed Alberto Olivetti ed edito da Aliberti editore.
L’idea di pubblicare il minivolume nasce, sia da una serie di costanti conversazioni e riflessioni “a sei occhi” su argomentazioni riguardanti anche l’attuale situazione politica “nostrana” decifrata, con saggezza e forza dall’attento e poetico Ingrao, e sia dalla lettura di “Indignez-vous!”; quest’ultimo è un breve componimento dedicato alle nuove generazioni e vergato da Stéphane Hessel, ex combattente della Resistenza Francese, diplomatico e scrittore naturalizzato francese.
Attraverso i due capitoletti del libro/intervista,intitolati “Indignarsi non basta” e “Io dico il dubbio”, scopriamo in primo luogo quell’uomo che, ispirato dalla pratica costruttiva del dubbio è stato “spinto ad impicciarsi quotidianamente delle vicende politiche”, mentre nell’ultimo,facciamo una conoscenza meravigliata di quelle esigenze ed intime dimensioni poetiche che prendono consistenza fisica da “tutta la polivalenza dell’esperienza umana, combinata da interessi e passioni”. Cinquantacinque pagine da assorbire tutte d’un fiato per “Creare è resistere. Resistere è creare”.

Giuseppe Arnesano