lunedì 27 giugno 2011

Gianlorenzo Bernini, David (dettaglio) 1623-1624
Roma, Galleria Borghese.

domenica 19 giugno 2011

La storia dell'arte aiuta a vivere

Dal Sole24Ore
Un articolo di Salvatore Settis 
pubblicato Domenica 19 Giugno 2011
Link di riferimento: www.ilsole24ore.com



A che cosa serve la storia dell'arte? È un gioco erudito, un piacere salottiero, un'evasione dalle miserie del tempo presente? È una disciplina in ritirata, destinata a rifugiarsi nel chiuso di musei e conventicole accademiche, o magari a "scendere verso il popolo" inventandosi ossa di Caravaggio e altre amenità pur di assumere per poche ore l'ambito status di uno scoop giornalistico? Deve provare a nobilitarsi travestendosi da teoria generale di qualcosa e distaccandosi da quelli che ne furono gli oggetti concreti (quadri, statue, disegni...), o invece immergersi nello specifico, sceverare le sempre diverse ragioni di ogni artista, di ogni committente, di ogni tela, e provare a intenderle e a raccontarle? Se lo chiese Sandra Pinto, quando promosse Gli storici dell'arte e la peste (Electa, 2006), collettiva presa di coscienza, o psicodramma, in cui una quarantina di storici dell'arte di ogni età si chiedevano come mai la disciplina, pur affinando metodi e moltiplicando scoperte, abbia perso peso, autorevolezza, visibilità e potere nello scenario della pubblica opinione. Se lo è chiesto più di recente Tomaso Montanari, in un saggio acuminato, A cosa serve Michelangelo (Einaudi, 2011) in cui mette spietatamente a nudo i meccanismi per cui la storia dell'arte può essere asservita al potere politico, può diventare «una escort di lusso della vita pubblica». Ma fra la marginalizzazione (la "peste" che fa degli storici dell'arte degli intoccabili) e il compromesso con il potere politico non c'è proprio nessun'altra strada? 
Una risposta intelligente, colta e lungimirante viene da un ministro della Cultura. Naturalmente, in Francia. Nel discorso pronunciato in occasione dell'inaugurazione del Festival de l'Histoire de l'Art Fontainebleau il 28 maggio 2011, di cui qui accanto si pubblicano ampi estratti, Frédéric Mitterrand, divenuto ministro dopo la direzione di Villa Medici a Roma, propone una chiave di lettura della storia dell'arte e una ricetta per (ri)donarle la centralità che merita nella vita civile. Sua stella polare sono le riflessioni di André Chastel, di cui molti – anche in Italia – ricordano le appassionate battaglie, anche su «Le Monde», per introdurre nelle scuole francesi, su modello dell'Italia, l'insegnamento di storia dell'arte: cosa ora finalmente avvenuta, e «a tutti i livelli scolastici», una vera e propria «rivoluzione educativa» giunta ormai «a un punto di non ritorno». Se questo è stato possibile, è perché la Francia, dice Mitterrand, ha ben chiaro il ruolo della storia dell'arte, che non è solo disciplinare e accademico, ma sociale e civile. Essa deve rispondere a una domanda di cultura, quella che viene dal pubblico delle mostre e dei musei, «sempre più in cerca di spiegazioni e di senso». Deve rispondere alle sfide del nostro tempo, «che ha assunto l'immagine – compresa l'immagine del sé – a feticcio», e con il proprio strumentario intellettuale deve «dare un senso al divenire collettivo (...), rendere più intelligibile il nostro tempo», educando lo sguardo dei cittadini, dalla scuola all'età adulta. «Oggi più di ieri, la strada per un'educazione alla cultura richiede di far comprendere la costruzione di un'immagine, cogliere i suoi risvolti sociali, capire che l'immagine non è la realtà ma la costruzione di un discorso». Perciò «l'arte è anche un apprendimento alla conquista di se stessi e del tempo». La storia dell'arte, insomma, regala conoscenza, regala libertà (anche nel leggere le immagini del potere), regala uguaglianza: purché le sue conoscenze siano condivise.Questo monito dovrebbe essere un modello per l'Europa. Senza dimenticarne un importantissimo risvolto: il rapporto fra le due funzioni complementari dello storico dell'arte, il «desiderio di capire» e la «passione di trasmettere». Anche in questo, le misurate parole del ministro Mitterrand fanno omaggio all'Italia, che nella sua storia «ha saputo distinguersi nella repubblica dei saperi grazie alla forza delle convinzioni dei suoi storici dell'arte, di coloro che hanno saputo riflettere sul suo patrimonio». Il richiamo alla cultura della tutela e all'idea di patrimoine, formatasi tra Francia e Italia a cavallo fra Rivoluzione e Restaurazione, deve far riflettere: dovere civile degli storici dell'arte è impegnarsi nella società, nei temi della conservazione del patrimonio e non solo nella ricerca storico-artistica. Insomma, per non sentirsi "appestati" (autoemarginandosi), gli storici dell'arte devono convincersi che la disciplina, secondo le parole di Chastel, può anzi deve avere un ruolo centrale nella polis. Purché non manchi al dovere di «favorire una conoscenza, una presa di coscienza storica che cambi le prospettive del presente». Di giocare le proprie carte, senza compromessi e con rigore, sul tavolo che più conta, perché costruisce il futuro: quello dell'oggi.

mercoledì 15 giugno 2011

Rappresentazione narrativa e corale

Sul nuovo numero di CoolClub

Intervista a Daniele Silvestri, che chiuderà l'edizione leccese dell'Italia Wave Love Festival

Sarà l'ospite principale della serata conclusiva dell'Italia Wave Love Festival che, in occasione del suo venticinquesimo compleanno, ha deciso di spostarsi dalla Toscana e di trasferirsi a Lecce. Il cantautore romano Daniele Silvestri, poche settimane fa, ha inaugurato, dal palco del Palasport di Andria il suo lungo tour che lo porterò in giro per tutta l'estate. 
Il nuovo album S.C.O.T.C.H.,uscito lo scorso 29 Marzo con l’etichetta della Sony Music, è stato registrato“in presa diretta”, mentre l’omonimo spettacolo prodotto da Cose di musica e realizzato in Puglia con il sostegno di Puglia Sound (programma della Regione Puglia) si articolerà in tre distinti ed altalenanti atti. In attesa del suo concerto salentino abbiamo dialogato con Daniele Silvestri di S.c.o.t.c.h., musica, politica, futuro e speranze.
Lo scorso 29 Marzo hai presentato il tuo nuovo progetto discografico intitolato “S.C.O.T.C.H.”, cosa ti ha spinto a realizzare un disco così corale e pieno di un rinnovato e vivido impegno sociale?
Per fortuna evidentemente ho ancora voglia di provare a “fare”, ci ho messo un po’ di tempo a realizzarlo anche rispetto al passato, ma poi una volta imboccata la strada giusta è stato abbastanza meccanico tutto il resto. Diciamo che nel momento in cui le idee ti dovrebbero venire ne hai comunque parecchie anche se se ne sono già dette tante, ma a mio avviso vale ancora la pena spendere delle parole per provare a descrivere miserie, tristezze, errori ed esserne affascinato ed incantato in qualche modo, perché c’è sempre un motivo per scrivere qualcosa. Il disco è diventato “corale” man mano nel tempo, non sono partito con quell’idea; ma da un punto di vista musicale si poiché è un disco suonato interamente live, in presa diretta, con musicisti con cui suono ormai da tanti anni; coralmente è nato così, poi mi sono ritirato per conto mio e chiuso in me stesso ho iniziato a pensare sui testi e soprattutto alla parte letterale. Negli ultimi tre o quattro mesi ho sentito il bisogno e la voglia di coinvolgere altre persone e più andavo avanti più ci prendevo gusto; ci sono tante collaborazioni alcune anche abbastanza inattese e particolari e sono molto contento.
Come nasce l’idea della copertina del disco e cosa rappresenta?
Nasce fondamentalmente da una cena in cui le idee si facevano sempre più chiare ed avevo capito che il disco si sarebbe dovuto chiamare S.c.o.t.c.h. e già è parte della domanda visto che è il titolo ad aver influenzato lo scatto che è diventata la copertina del disco. In quella cena, un mio amico grafico che si è occupato di tutta la parte grafica del libretto ha avuto l’idea di “appiccicarmi” al muro,era un modo per mostrare ed utilizzare quello “scotch” in un certo senso è una specie di piccola processione,detta tra virgolette,ovviamente tragica sia perché rido e sia perché è quello scotch a tenermi appeso a quel muro, ma è anche un modo per dare un’idea della precarietà che ci circonda e quella dello scotch risponde a quell’esigenza.
“Questo paese” è il titolo dell’ultimo brano del disco, esiste un rimedio per guarire i “suoi”disagi?
Mi verrebbe da rispondere sull’onda delle ultime elezioni amministrative (risata),ma a parte quello, penso di si, altrimenti non scriverei nemmeno ed avrei già buttato la spugna o comunque non avrei più voglia di comunicare all’interno di questo Paese, invece no certo che ci sono modi e speranze. In realtà i buoni motivi per aver fiducia vengono dalle persone che ti stanno accanto, magari dall’impegno del singolo cittadino o dei singoli più che dalla capacità di chi amministra,governa e ci rappresenta dandoci l’idea che si sia imboccata la strada giusta da qualsiasi punto di vista o settore; quello che sta accadendo negli ultimi anni è davvero disarmante. Penso che le singole individualità in questo Paese continuino a riaccendere la speranza, anche in termini artistici non solo civili e sociali, ma anche l’abilità di raccontare il presente e di raccontarlo, per fortuna in quel senso ci sta gente in gamba ovviamente è un momento fondamentale per non proseguire sugli errori che da una ventina di anni continuiamo a fare.
Qualche mese fa hai partecipato, insieme alle istituzioni pugliesi, alla conferenza stampa di presentazione dell’Italia Wave Festival che quest’anno si svolge nella città di Lecce, come vedi la realtà musicale pugliese?
Credo che la Regione Puglia sia una delle poche eccezioni dove la politica ha riacceso delle fiammelle, hanno deciso di investire su quello che ci interessa di più ossia la cultura, ma anche la formazione professionale; penso che le altre Regioni debbano seguire l’esempio pugliese di questi anni. Ad esempio io come tanti altri colleghi in questo periodo ci ritroviamo ad Andria ed in altre zone della Puglia proprio perché ci sono state messe a disposizioni, strutture, maestranze, competenze, disponibilità e questo alla fine paga soprattutto in energie,visto che in questo modo i musicisti pugliesi hanno più occasioni di lavorare nella propria terra in contatto con il resto del territorio e con il resto dell’Europa; in questo caso le attività sono molteplici e l’Italia Wave è uno dei fiori all’occhiello, ma non è neanche l’unico; beh sono molto contento di passare da Lecce non vedo l’ora!
Il progetto del Puglia Sound è una buona ricetta per sostenere e migliorare gli eventi all’interno del circuito culturale?
Certo senza dubbio, e già il fatto stesso di investire nella cultura in generale vuol dire portare attenzione, portare capacità, nomi, persone e competenze dall’esterno che successivamente vengono convogliate in momenti ed in luoghi precisi, tutto questo poi si sviluppa a maggior ragione sotto i riflettori e questo fa si che le cose siano fatte sempre bene così a queste se ne aggiungono altre iniziative come corollario, alla fine è come un volano che è stato messo in piedi.
Quali sono gli artisti salentini più interessanti?
Sono un amante del Reggae, poi in Salento sono tante le realtà da seguire; penso ai Sud Sound System e vado sempre alla ricerca, ovviamente senza mai mollare la presa, delle situazioni più nascoste.
In un periodo di crisi economia molto spesso i primi fondi che vengono tagliati sono quelli destinati al mondo della cultura. Secondo te è una strategia giusta oppure il pubblico deve investire sempre e comunque in cultura?
Penso che l’unica cosa saggia sia investire su quello; proprio quando mancano le risorse o l’economia è in un momento difficile occorre investire generalmente su tutto ciò che è futuro e quindi nei giovani,nelle scuole, nell’istruzione, nella cultura e nelle ricerca, maggiormente in quest’ultima; anche perché è sempre nella ricerca che ci siamo distinti, ormai ci distinguiamo solo per quelli che fanno le valigie e quelli bravi vanno via.
Ci sono differenze fra il tradizionale Arezzo Wave e l’attuale?
L’Arezzo Wave è ancora un ricordo perché inevitabilmente deve ancora trovare una sua continuità, è un po’impietoso rivederlo anche perché è legato ad un momento storico ad una tradizione che tristemente si è interrotta ad un certo punto per varie ragioni; sinceramente ora non so se quel cammino possa essere ripreso, sicuramente l’Italia Wave è un’altra cosa; però vediamo se in questa transizione pugliese e leccese in particolare riesca anche a ridiventare un qualcosa di più forte e riconoscibile come era l’Arezzo Wave, ma probabilmente si!
Pensi che gli italiani siano pronti a fare cadere L’imperatore Tiberio”?
Quella è la speranza, diciamo che mi sono tante volte illuso pensando che gli italiani avrebbero potuto aprire gli occhi, ora non mi azzardo a pensarlo; quello che è successo ieri è comunque un segnale positivo e si è manifestato pubblicamente il desiderio di cambiare, proprio in quelle zone dove un certo tipo di politica con una parabola discendente si era affermata.

Giuseppe Arnesano

Il corpo è il principe

Ritratti d'Artista/ Intervista a Massimiliano Manieri
pubblicato il 15 giugno 2011 su Il Paese Nuovo
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Camillo Pace & Connie Valentini –Uhuru Wetu- The Music of Bob Marley

Recensione: pubblicata sul nuovo numero di CoolClub ed anche su issuu.com
Copertina del disco Uhuru Wetu - The Music of Bob Marley-

Il “doublebass” Camillo Pace è un tarantino dallo spirito afro- giamaicano. 
Il nuovo progetto artistico, prodotto dalla “Dodicilune recordes” ed intitolato “Uhuru Wetu” è musicato insieme alla raffinata e calda voce di Connie Valentini. Sette delle complessive otto tracce arrangiate e composte dalla colorita penna del contrabbassista pugliese,sono delle brillanti reinterpretazioni dei più celebri brani di Bob Marley, tra i quali ricordiamo “I Shot the Sheriff”, “No Woman No Cry” e “Get Up Stand Up”. Il disco è fisicamente e letteralmente tribale poiché, oltre a stupire per la carica ritmica ed acusticamente arcaica dovuta alla batteria ed alle percussioni di Pippo Ark D’Ambrosio ed ai suggestivi canti di Nyamai Antothoy Mukoko e Likono Alexander Ashivaka, affascina per i fraseggi fluidi e le jazzistiche ambientazioni sonore scaturite da quel gruppetto di gente/gens/famiglia/tribù composta da Marco Tamburini (trumpet,flugelhorn),Nando Di Modugno (guidar), Roberto Ottaviano (soprano sax) Vincenzo Deluci (slide trumpet). L’elegante tributo a Robert Nesta Marley è arricchito dal brano “Il volo dell’angelo” inedito ed interessante componimento scritto da Camillo che sinceramente merita di essere gustato.

Giuseppe Arnesano