sabato 14 settembre 2013

Il segno come proiezione mentale

Recensione pubblicata su www.artribune.com

Lo spazio abitato
dimensioni ambiente
polimaterico 2010
Estese e figurativamente silenziose sono le opere di Giangaetano Patanè in mostra fino al prossimo 18 settembre, nelle sale espositive del Chiostro del Bramante. La personale dell’artista romano, intitolata “Self- Made Man” e curata da Elena del Drago, raccoglie oltre venti tele, una cospicua selezione di disegni ed alcune sculture nelle quali la terracotta assume un’importanza rilevante. Un percorso espressivo e decisamente materico quello che Patanè elabora attraverso una plurale ed articolata commistione di elementi, dove le grandi superfici pittoriche si lasciano ammirare e reinterpretare da intime riflessioni, dalle quali emerge la forza di un legame comunicativo indiretto tra l’artista, l’opera ed il fruitore. Negli spazi immaginifici, dalle tenui ed a tratti contrastanti tinte cromatiche, il segno di Patanè diviene immagine personale di una proiezione mentale dell’essere umano, emblematiche in questo caso le opere intitolate Corteccia Celebrale,Tra ali e terra e Parole al vento. Scenari, donne, enormi cetacei ed altri animali affollano le sale successive della mostra, arricchendo così l’universo simbolico del pittore che, in alcune tele come il Mostro è sottoterra, Orribili alberelli ed Il giardino di Dio,  ripropone un piccolo bozzetto narrativo o paesaggistico nel quale raffigura la versione reale di un dettaglio o del soggetto della tela; un espediente fondamentale che ci riporta fisicamente e mentalmente nella nostra dimensione.
Nelle opere polimateriche o nelle teste di terracotta dipinta, la poetica intimistica dell’artista abbandona i confini bidimensionali della tela, confrontandosi in maniera aperta e talvolta macabra con il gusto e le sensazioni dello spettatore (Lo spazio abitato, Self- made woman e Folle volo). Una serie di piccoli disegni su carta con inchiostro, grafite ed acquerelli ritrae solitari ed erotici corpi femminili, paesaggi invernali e segni antropomorfi. Una delle prime opere presenti in mostra è intitolata Freschezza 1, un olio su tela del 1994, dove in un corposo mare aperto, un uomo nuota verso l’indefinito pittorico, e prefigura un allontanamento dell’autore dalle passate concezioni figurative fino allo smarrimento corporeo, per ritrovarsi sentimentalmente nelle soluzioni concettuali che hanno caratterizzato l’esposizione romana.

Giuseppe Arnesano

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