domenica 12 dicembre 2010

Nella Lupiae pagana

Pubblicato sul Il Paese Nuovo il 12 dicembre 2010


Lecce/ Porta San Biagio ed il Teatro Romano

da Flickr di Carlo Trqmgd
In questa seconda domenica cittadina percorriamo viale Francesco Lo Re dove, all’altezza con Piazza d’Italia si addorme il monumento dedicato ai caduti in guerra. Esso fronteggia Porta San Biagio ultima porta meridionale dell’antica cinta muraria. Porta San Biagio venne edificata intorno alla prima metà del XVI secolo poichè rientrava nel programma di riordino delle strutture difensive, ma dopo la demolizione della costruzione originaria, il grande arco venne ricostruito nel 1774 per volere dell’allora governatore di Terra d’Otranto Tommaso Ruffo.
L’edificio “difensivo”, incastonato tra gli storici palazzi residenziali, ci accoglie con un solo e monumentale fornice (apertura ad arco) affiancato da due coppie di robuste colonne doriche impostate su massicci plinti; la “greca” trabeazione, orizzontale elemento architettonico sostenuto da colonne e pilastri, è classificata secondo lo stile dorico e presenta lungo il fregio la classica scansione di triglifi e metope; la trabeazione, sormontata da un decorato ed intagliato fastigio, culmina con la statua del santo protettore.
Al di là della porta si prolunga via dei Perroni sulla quale risiede sin dal 1667 la volumetrica chiesa di San Matteo, caratterizzata da un’armoniosa facciata convessa in basso e da una concava in alto; proseguendo ci addentriamo nella chiassosa, almeno per quanto riguarda la movida notturna, via Ferdinando I d’Aragona (comunemente conosciuta come “la via dei pubs”) dove s’affaccia l’elegante ed architettonicamente incompiuta Chiesa di Santa Chiara. Imboccando la via che fiancheggia il lato destro della chiesa, ossia via degli Ammirati, incontriamo dopo qualche metro, la graziosa Piazzetta Raimondello Orsini al centro della quale riposa il minuto monumento scultoreo al più popolare condottiero “dei tredici di Barletta” tale Fanfulla da Lodi. Il bronzeo incappucciato uomo d’arme ci indica la stradina che conduce al defilato Teatro Romano.
Lo scenografico luogo della rappresentazione di tragedie e commedie nella Lupiae romana, venne costruito probabilmente nel I secolo a.C.; il complesso è stato “intagliato” nella viva massa calcarea e da essa si è ricavato il sistema a gradoni della cavea (area destinata al pubblico). La struttura rocciosa, costruita con il suddetto intervento utile nel contenere le spese dei materiali, venne casualmente scoperta nel 1929 durante alcuni lavori presso il cinquecentesco palazzo Romano e il palazzo D’Arpe. Il teatro poteva contenere almeno seimila persone; la cavea misura oltre 75 metri, attualmente si conservano soltanto 12 file dei gradini, l’orchestra vale a dire la parte davanti alla scena riservata alle danze è integralmente conservata e misura oltre 13 metri; la scena è andata perduta a causa dell’attiguo convento di Santa Chiara. Parte della ricca decorazione marmorea che abbelliva la scena teatro è conservata nelle sale del Museo “Sigismondo Castromediano”.
Gli edifici seicenteschi, che fungono da architettonica scenografia posta alle spalle della cavea, ospitano attualmente la sede del Museo del teatro romano. Su questo sacro luogo “pagano” svetta l’alto campanile del duomo, un’immagine che potrebbe rimandare ad un’arcaica inquietudine di controllo e pregiudizio da parte della più potente religione di stato nei confronti della laica cultura.

Giuseppe Arnesano

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