mercoledì 22 dicembre 2010

Con Sigismondo

Pubblicato sul Il Paese Nuovo il 22 dicembre 2010

Alle spalle della natalizia piazza sant’Oronzo, un tempo conosciuta come “piazza dei mercantoni” e pittoricamente ritratta in una romantica incisione del secondo decennio preunitario, è ubicata la piazzetta Sigismondo Castromediano.
Prima di giungere in piazzetta, ammiriamo lungo via Rubichi l’elegante Palazzo Carafa. Edificato sull’area dell’cinquecentesco monastero delle Paolotte e della chiesa dell’Annunziata per volere dell’allora vescovo Sozy-Carafa, l’edificio venne ultimato tra il 1764 ed il 1771 dall’architetto Emanuele Manieri e dal capomastro Oronzo Carrozzo secondo i raffinati linguaggi stilistici del periodo; la facciata principale è caratterizzata dal bel portale-balcone centrale disegnato dal leccese Ghezzi.
Proseguendo oltre sbuchiamo sull’ambigua, urbanisticamente parlando piazzetta Castromediano, affiancata qualche metro più infondo dalla Chiesa del Gesù edificata questa intorno al 1575 per ospitare i numerosi chierici dell’omonima Compagnia istituita negli anni trenta del cinquecento da Ignazio di Loyola. Il prospetto della Chiesa leccese semplice e sobrio, riprende i “dettami” architettonici della romana Chiesa del Gesù rielaborata progettisticamente dal Buonarroti prima e dal Vignola poi e conclusa sotto la direzione di Giacomo della Porta; la monumentale costruzione è considerata la “Madre” di tutte le chiese dell’ordine.
Al centro della piazza su di un elevato pilastro, sorge la statua bronzea del patriota cavallinese Sigismondo Castromediano il quale, prima di essere accusato di cospirazione contro il governo Borbonico, aderì agli ideali della Giovane Italia di Giuseppe Mazzini. Dall’alta posizione egli sorveglia silenziosamente preziose testimonianze archeologiche. Qualche anno fa durante i lavori di rifacimento del basolato stradale della piazzetta, sono riemersi importanti scavi archeologici; l’intera operazione di recupero e valorizzazione degli antichi resti, diretta dal Professore Francesco D’Andria e dall’equipe dell’Università del Salento, è stata ideata al fine di rivalutare le tre fasi archeologiche caratterizzate dalla presenza di cisterne olearie.
Gli scavi hanno riportato alla luce “tracce” stratigrafiche riconducibili a differenti periodi storici dall’Età del Ferro (I secolo a.C.) all’ Età messapica (IV-V secolo a.C.) sino al XIX secolo; questi reperti testimoniano l’importanza del Salento a partire dal I Secolo a.C. nella produzione ed esportazione dell’olio nel bacino del Mediterraneo.
L’esempio più arcaico è rappresentato dal lacus olearius di epoca romana databile al I secolo a.C. ed appartenente ad un complesso di un “trappeto”; successivamente nel sito troviamo un deposito oleario risalente all’età aragonese (XVI secolo d.C.) ed infine un ultimo deposito del XVII. Tramite la collocazione di apposite “vetrine-osservatorio” è possibile “sbirciare” in questi storici ipogei tuttavia, nonostante le enormi finestre abbiano una ventilazione naturale, spesso la formazione di condensa ed il riflesso delle luci non permettono al curioso fruitore una nitida visione degli ambienti sotterranei.

Giuseppe Arnesano

Nessun commento: