lunedì 13 settembre 2010

Alta pietra


Pubblicato sul Il Paese Nuovo il 12 Settembre 2010

La “chimerica Regione” vorrebbe scindere, secondo antiquate logiche politico-amministrative, quel chilometrico territorio composto sì da variegate anime territoriali che caratterizzano le singole zone del Gargano, delle murgia barese, il canale tarantino, l’antica Brindisi ed il palpitante e avvelenato Salento, senza però tralasciare l’idea di quell’eterno passato culturalmente annodato nei secoli attraverso la Storia, l’Arte e la Tradizione che rende simili i monolitici menhir baresi con quelli dell’entroterra salentino, i bidimensionali mosaici di ispirazioni bizantina, le numerose roccaforti federiciane,i poderosi castelli carolingi e le molteplici chiese e cattedrali che da Foggia a Leuca e da Taranto a Brindisi dialogano attraverso un architettonico linguaggio di stili evolutivi.
E’ragionevole anteporre gli interessi politico-economici di pochi per scindere il suddetto patrimonio storico-artistico della Regione Puglia?

Questa seconda domenica settembrina ci allontaniamo dalla mitica “rupe di Minerva” per fare
tappa nell’en
troterra del Salento orientale, generalmente influenzato d

a ben note “sonorità grecaniche”, ma non propriamente ellenofone come nel caso di Karpignàna, dialettalmente detta “Carpignanu”. Similarmente alle origini toponomastiche degli altri comuni facenti parte della “chimerica Regione”, il nome del piccolo centro è collegato secondo alcuni studiosi, al fondatore nonché centurione romano Carpinius,mentre,stando ad altre ipotesi di m

a
trice messapica il nome Carpignano deriverebbe letteralmente dalla radice karp ossia “pietra” o “roccia”, vocabolo associato al significato di “luogo posto su un'altura”.

Edificato lungo l’antica arteria stradale della via Traiana-Costantiniana, Carpignano conserva testimonianze risalenti all’età del bronzo come i menhir Grassi e il menhir Croce Grande o Staurotomèa ed una sepoltura di età neolitica. Un’altra importante traccia storica collegata all’epoca bizantina, riguarda la Cripta di Santa Cristina risalente tra il IX–X secolo durante il quale i monaci Basiliani fuggiti dall’Oriente si rifugiarono all’interno delle “colonie” di lingua greca. La cripta scavata nel morbido e bianco tufo è dedicata alle Sante Cristina e Marina (detta anche Madonna delle Grazie per la presenza di un’altare settecentesco ad Ella intitolato) ed ospita al suo interno due “cicli pittorici” il primo più antico datato al 959 d.C. e siglato da Teofilatto, mente il secondo risale al 1020 d.C. ed è
firmato da Eustazio. L’ambiente sotterraneo si divide in due zone e probabilmente la prima riguarda endonartece ossia uno spazio riservato ai catecumeni e dedicato a Santa Marina, mentre la seconda è il naòs cioè il locale più interno dell’edificio sacro destinato a contenere l’immagine della divinità e dedicato a Santa Cristina. Al centro dell'abside principale il Cristo Pantocratore è fiancheggiato dalle figure dell’Annunciazione: l’Arcangelo Gabriele e la Vergine Maria; attorno al XIII sec. risalirebbe il trittico affrescato sull'unico pilastro tufaceo rimasto raffigurante: San Teodoro, San Nicola e Santa Cristina.

Uscendo dal paese ci immettiamo con laica devozione sulla Carpignano-Borgagne in direzione del Santuario dalla Madonna della Grotta, legato al culto della medesima ed edificato sul finire del XVI secolo sui resti di un’antica chiesa rupestre dedicata a San Giovanni Battista sita nella zona di Cacorzo. La Chiesa della Madonna di Carpignano viene costruita in seguito ad un episodio prodigioso cronologicamente riferibile al 2 luglio 1568 e legato alla guarigione di tale “Frangisco Vincenti” un anziano storpio e non vedente che riparatosi in una grotta durante un temporale venne miracolato dall’apparizione mariana. Il giorno dopo nel luogo del miracolo tra le macerie della grotta fu ritrovata l’effige della Madonna con Bambino ed in segno di riconoscenza e gratitudine si procedette all’edificazione del Santuario voluto dall’amministratore e primo abate Annibale de Capua. L’impianto ecclesiastico presenta una pianta a croce latina, caratterizzata da tre entrate: una centrale e le altre due laterali di cui una rivolta verso il paese; nel corso del tempo la chiesa divenne un’importante e nota abbazia; la chiesa fu completata nel 1575 come risulta dalla lastra posizionata su uno dei lati di entrata.

Giuseppe Arnesano

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