mercoledì 18 agosto 2010

San Domenico in Nardò

Pubblicato su "Il Paese Nuovo" domenica 7 marzo 2010


Il nostro viaggio domenicale prosegue a sud-ovest delcapoluogo salentino, non lontani dalla costaionica facciamo tappa nel territorio pianeggiante di Nardò. Entriamo nella Città Neretina (Neretùm, luogo ricco di acque) percorrendo da sud la lunga arteria di via 25 luglio, ingresso ideale per accedere al centro storico.
Le mura turrite del castello,segnano il passaggio dalladominazione angioina a quellaaragonese, e furono concepite durante il XV secolo per volere del principe Giovanni Antonio Acquaviva d’Aragona, ma in seguito alle trasformazioni e rifacimenti avvenuti tra la fine delXIX e gli inizi delXX secolo, il fortilizio viene anche riconosciuto come il castello della famiglia Personè. Superato il Castello prospiciente la Piazza Cesare Battisti, ci addentriamo nei lunghi e tortuosi “vicoli barocchi” del centro storico, fortemente suggestiva è, se non fosse per gli onnipresenti segni di modernizzazione, il tratto di via Lata rimembrante scorci, colori e suoni di altri tempi. La lunga fuga prospettica della suddetta via si conclude nell’intima piazza di San Domenico, dove pesantemente s’addorme l’omonima chiesa. Agli inizi del XIV secolo risale la fondazione del convento e il titolo originario di Santa Maria de Raccomadatis, mentre, il progetto dell’attuale chiesa dei domenicani viene eseguito tra il 1580 e il 1594 ad opera dell’architetto Giovanni Maria Tarantino. Le modifiche tardo cinquecentesche comprendono il campanile fatto costruire da Monsignor Salvio e terminato nel 1572 e le sale del pianterreno del convento. Il drammatico terremoto del 1743 distrugge quasi totalmente la fabbrica dei domenicani, ad eccezione della facciata, del muro laterale sinistro e di parte della sacrestia. L'interno, ad un'unica navata con pianta a croce latina e tre cappelle per parte, viene ricostruito dopo il1743seguendo i canoni dellaControriforma. Di notevole importanza risulta la facciata, iniziata nel 1580 sotto la direzione di Giovanni Maria Tarantino coadiuvato da abili maestranze come Giovanni Tommaso Riccio, Scipione de l’Abate e Scipione Bifaro. La complessa e articolata pagina iconografica scolpita in facciata, rimanda alla presenza del teologo domenicano Ambrogio Salvio, il quale soggiornò prima a Nardò nel 1569 e successivamente nel convento di San Tommaso d’Aquino di Napoli dal 1577; ma la decorazione iconografica della facciata, viene eseguita durante il vescovato di Cesare Bovio (1577-1583) personalità bolognese legata alla teologia borromaica. Il prospetto della facciata è diviso in due ordini: quello inferiore richiama il mondo terrestre ed è popolato da figure paganeggianti, le quali si rifugiano negli intercolunni delle colonne binate e scanalate sostenute da alti basamenti, e da personaggi nudi o semivegetali che germogliano dal giallo colore del carparo e recanti sul capo una canestra di frutta reggente la ricca trabeazione. Nell’ordine superiore viene raffigurato il mondo del Sacro e della Fede, nicchie laterali ospitano santi domenicani e il grande finestrone centrale è adornato da motivi floreali. In merito al criptico linguaggio decorativo della facciata della Chiesa di San Domenico a Nardò, Manieri Elia si esprime in questi termini: «una rievocazione della folla grottesca che vive tra gli sguinci delle cattedrali».

Giuseppe Arnesano

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