lunedì 9 agosto 2010

A colloquio con Sandro Chia: Della figurazione

Pubblicato sul Quotidiano "Il Paese Nuovo" del 23 dicembre 2009
Alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma espone Sandro Chia: “Della pittura, popolare e nobilissima arte"

Dal 16 dicembre 2009 al 28 febbraio 2010 il Ministero per i Beni e le Attività Culturali presenta negli spazi della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma la mostra di Sandro Chia. “Della pittura, popolare e nobilissima” arte a cura di Achille Bonito Oliva. E’ la prima grande antologica dell’artista in Italia e la sua più importante retrospettiva dopo quella del 1992 alla Nationalgalerie di Berlino.Attraverso 61 opere, 56 dipinti e 5 sculture in bronzo, vengono ripercorse le principali tappe della quarantennale carriera di Sandro Chia: dagli esordi negli anni Settanta, al successo della Transavanguardia negli anni Ottanta, all’affermazione come punto di riferimento nel panorama artistico internazionale che dagli anni Novanta arriva fino ad oggi. All’interno dell’allestimento le opere sono organizzate attorno al tema della “figurazione”, elemento distintivo e costante dell’arte di Chia nel corso degli anni: "Figure Ansiose", "Figure Titaniche", "Figurabile" e "Figure ad Arte".Per immergersi nei quarant'anni di arte e di vita dell’artista fiorentino, occorre tornare indietro nel tempo, quando alla fine degli anni Settanta i germogli della pittura neoespressionista iniziano a dischiudersi, generando il ritorno alla pittura, il recupero della bidimensionalità, della tela e dei suoi valori fondanti: colore, tono, volume, ma soprattutto contenuto e figurazione. In quegli anni Chia è tra i primi artisti “controcorrente” nel proporre il disegno e la pittura, egli rappresenta il "non plus ultra” del gruppo della Transavanguardia, movimento artistico italiano teorizzato e sostenuto dal critico d’arte Achille Bonito Oliva e inaugurato sulle pagine di «Flash Art» nel lontano 1979. Il termine “transavanguardia” formato dal prefisso “trans” allude all’«attraversamento della nozione sperimentale dell’avanguardia» e afferma la libertà di tornare alla “tradizione” artistica, cosi come di potenziare i valori inediti dell’immagine e della figurazione, che sancisce la presenza di tratti marcati e di cromie violente seppure addolciti da una visione solare e ironica dell’esistenza. In un saggio del catalogo della mostra, scritto sotto forma di “lettera semi-aperta”, Achille Bonito Oliva si rivolge all’artista e conclude: «Comunque la vera arte non è quella che dà risposte, ma quella che produce ulteriori domande complicando così l'attesa sociale. Sul crinale di questa differenza si situa la tua opera».


1. Parlando “Della pittura, popolare e nobilissima arte”, come nasce la sua prima grande antologica in Italia?

R: L’idea della mostra nasce da un colloquio avuto con Achille Bonito Oliva e il soprintendente Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea Maria Vittoria Marini Clarelli. Abbiamo parlato della possibilità di fare una mostra senza doversi attenere alle regole della cronologia, delle antologie, della retrospettiva. Abbiamo inventato una formula nuova, prefissando delle categorie, delle famiglie di lavori definiti, in un certo modo un po’stravagante e sicuramente arbitrario, abbiamo cercato di rendere fruibili i lavori già presenti sul territorio, facendoli rientrare nell’evento come una installazione molto particolare che probabilmente non appartiene a quella definizione di antologia e ne tanto meno di retrospettiva.

2. In mostra le sue opere sono affiancate da brevi testi, frammenti della sua poetica con i quali racconta l’episodio raffigurato, crede che il fruitore contemporaneo immerso in una società vacua abbia ancora la sensibilità di comprendere il dialogo con l’opera d’arte?

R: Sicuramente grazie a questi interventi pseudo letterari, pseudo poetici e pseudo descrittivi, il fruitore dovrebbe avere la possibilità di entrare in un umore, in un senso, in un’atmosfera mentale, in un certo clima culturale di sensazioni e poi da lì partire con la sua capacità di consumare l’opera, non necessariamente di comprenderla, perché più che capire bisogna abbandonarsi alle sensazioni e alle gaie scelte piuttosto che a scelte empiriche. Speriamo che ci sia stato un cambiamento, ci sono sempre delle costanti come il bisogno e la necessità dell’uomo di assistere all’arte, ma l’arte si spiga su degli archi di tempo che non sono quelli su cui siamo abituati, ad esempio nella moda, quindi l’arte ha ancora un valore, perché ha un respiro diverso, si rivolge ad una profondità ad una costanza nell’essere e ad una condizione umana che prevarica queste cose stagionali a breve termine.

3. Quale è il destino della Pittura figurativa secondo Sandro Chia?

R: La pittura figurativa non ha futuro e non né ha mai avuto uno, ha sempre vissuto alla giornata, è sempre stata un’arte guardata come se fosse inadeguata, morta, ma è una cosa interessante perché vive su una condizione abituale come di pezzi supplementari, in altre parole, tutto quanto è scaduto, anche la storia è finita, ma viviamo i tempi supplementari, quindi ogni cosa che noi facciamo con la pittura è importante e fondamentale perché potrebbe essere l’ultimo gesto, che parafrasando il linguaggio calcistico potrebbe essere il golden goal, il goal finale e poi non c’è appello.
4. Ha nostalgia degli anni fervidi della Transavanguardia?

R: No, perché non so cosa si intenda per nostalgia, questa è un fatto erotico, molto produttivo, c’è un erotismo nella lontananza; a volte ho fatto dei viaggi, mi sono allontanato da casa in maniera crudele verso me stesso, solo per il gusto un po’ masochistico di sapere cosa significhi la nostalgia di casa, delle persone che conosci senza però riuscire a provare interamente questo sentimento, alla fine mi sono sentito a casa dove mi trovavo,è tipico degli italiani possono andare ovunque portando indietro se stessi.

5. In che modo la Transavanguardia ha influito nelle sue opere recenti?

R: Spero che le influenze e le interazioni ci siano, però non ho modo, dal punto di vista esistenziale, di fermare me stesso, di uscire da me stesso e fare queste analisi sul “come” e sul “dove”, attualmente sono ancora in una fase di lavoro; ma in realtà la storia è ancora tutta da vivere.

6. Lei è un artista poliedrico, che ha sperimentato si è espresso anche attraverso il mosaico e il video, crede che la pittura sia ancora l’unico medium in grado di trasmettere al fruitore le innumerevoli sfaccettature dell’essere umano?

R: La bellezza della pittura ha un’assoluta immanenza perché desiste contro ogni previsione e logica, il bello della pittura è proprio questo che viene eseguita nonostante tutte le previsioni negative da sempre, ma senza togliere niente all’inattività della pittura, dunque è bene che la pittura resti inattuale, altrimenti se fosse di moda sarebbe una tragedia.

7. A conclusione della LII I Biennale di Venezia, quale è il suo giudizio nei confronti del panorama dell’arte contemporanea in Italia?

R: Mi sembra come sempre molto vitale, l’Italia è un Paese che genera naturalmente artisti e l’arte fa parte del nostro codice a barre, ce l’abbiamo dentro. Ci sono tanti giovani che sono pronti a fare un lavoro eccellente, che hanno delle idee giuste, bisogna dar loro delle dritte, se li lasciamo in balia delle riviste ne viene fuori un bel niente. Probabilmente questa mostra dovrebbe avere una sua valenza per dimostrare che ci sono dei procedimenti che non sono necessariamente quelli carrieristici. Ciascuno deve fare quello che sente con tutto il cuore e con tutta l’anima e fregarsene di tutto il resto, se tutto questo viene percepito è una buona cosa.

Giuseppe Arnesano.


Biografia
Sandro Chia nasce a Firenze il 20 aprile 1946. Vive e lavora tra Miami, Roma e Montalcino (SI).Frequenta l’Istituto d’Arte e si diploma all’Accademia delle Belle Arti di Firenze nel 1969. Dopo aver viaggiato in India, Turchia ed Europa nel 1970 decide di stabilirsi a Roma. Negli anni Settanta comincia a esporre a Roma e in Europa. Agli esordi il suo lavoro è legato all’arte concettuale ma presto se ne distanzia a favore della scoperta del linguaggio pittorico attirando l’attenzione della critica italiana e internazionale. Negli anni Ottanta diventa uno dei protagonisti del gruppo della Transavanguardia. Dal Settembre 1980 ad Agosto 1981 lavora a Monchengladbach in Germania per poi trasferirsi a New York, dove vive per oltre due decenni pur tornando frequentemente in Italia a Ronciglione (VT) e, in seguito, a Montalcino (SI). E’ stato invitato a esporre alle Biennali di Parigi e San Paolo e, più volte, alla Biennale di Venezia.Nel 2003, lo Stato italiano ha acquistato tre sue opere per la collezione permanente del Senato della Repubblica a Palazzo Madama, mentre nel 2005 sono state collocate due sculture monumentali davanti alla sede della Provincia di Roma. Nella sua azienda vinicola di Castello Romitorio (Montalcino – SI) si occupa della produzione di pregiati vini tra cui il rinomato Brunello.

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