lunedì 30 agosto 2010

Alla Torre del Serpe

Pubblicato sul Il Paese Nuovo il 27 giugno 2010

Scrive Maria Corti:“Case vicino alla torre non ce n’erano perché posto sinistro quello, dove la notte i morti tornavano dal mare alla riva, salivano sugli scogli e andavano con sottili lamenti fra le malerbe. Questa storia sulla nostra costa ebbe inizio nei tempi addietro quando in Terra d’Otranto regnava Maria d’Enghien e sulla torre viveva un serpe […]”.
Percorrendo la dorsale adriatica in direzione di Otranto, s’ammira quell’inaccessibile limes tra cielo e mare, distinguibile soltanto nelle azzurre e raffinate tonalità cromatiche della natura. Giunti a pochi chilometri a sud della mondana Hydruntum, questa domenica riscopriamo le ambigue “storie” della Torre del Serpe. Situata all’estremo lembo di quella tormentata scogliera, si erge, faticosamente un’alta sezione verticale innestata su di un basamento troncoconico, di circa sei metri di diametro, rudere arcaico di resistenti conci di pietra tagliati in maniera regolare. Di forma cilindrica, dominava e domina da sempre, il trafficato mare Adriatico, sin dalla romana epoca, quando le fu attribuita il compito di guidar verso terra, per mezzo della combustione dell’olio di oliva o di balena, gli antichi viandanti del mare dalle prosperose reti. Il faro venne restaurato con l’avvento di Federico II di Svevia, il quale, in seguito ad un potenziamento strategico lungo l’intera costiera salentina, decise di avviare una grande operazione di demolizione, di restauri e costruzioni, avvenuta dal 1220 al 1266 in cui furono edificati trentaquattro nuovi castelli e ristrutturati diciotto preesistenti.
Dove finisce la storia ha origine il mito; quando, ancestrali mostri e serpenti marini, regnanti dell’immaginario popolare tra il naturale e il sovrannaturale, risalivano dalle oscure e poco indagate profondità dei mari cibandosi del prelibato olio che alimentava la fiamma del faro. L’appetitoso unguento attirava sulla costa il serpente marino, avvolgendo tra le sue viscide spire l’alta torre fino all’estrema feritoia, dalla quale ingurgitava e gettava nell’ombra gli sventurati marinai. Numerose erano le scorribande piratesche al tempo dell’invasione turca del 1480 per depredare la ricca cittadina, ma non tutti i ripetuti attacchi andarono a buon fine, una seconda leggenda, infatti, racconta, che fortuitamente il serpente,consumando l’olio del faro,lo spense, privando i predoni dell’orientamento e costringendoli ad attraccare presso la vicina Brindisi.
Da nord a sud la “Civitas Fedelissima Hydrunti”era attorniata da altrettante torri difensive: Torre Fiumicelli, Torre Santo Stefano,Torre delle Ortelle,Torre Sant'Emiliano, Torre Palascia e Torre Badisco (queste ultime due andate distrutte nel XIXsecolo), tuttavia quella del Serpe, nonostante le mitiche leggende ed il lento declino, si è ricostruita,assurgendosi ad immortale simbolo del gonfalone cittadino: « Un campo d’azzurro, alla torre cilindrica d’argento, avvinghiata da una serpe di nero che, risalendo in senso sinistrorso i fianchi di essa torre, introduce la testa nell’alta finestra aperta nel campo[…] lo scudo fra due rami di quercia e d’alloro decussati alla base è timbrato dalla corona urbica del rango di città».

Giuseppe Arnesano

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