Joan Mirò–Ilsegno e la parola- Opera grafica
Castello Aragonese di Otranto
Otranto (LE) - Dal 27 giugno al 27 settembre 2009 le stanze del Castello Aragonese di Otranto ospitano la mostra “Mirò, il segno e la parola, Opera grafica”.
La personale dedicata all’opera grafica del grande artista catalano, è stata organizzata dalla società Cooperativa Sistema Museo di Perugia e dall’ Agenzia di comunicazione Orione di Maglie.
L’organizzazione strutturale della suddetta rassegna, è stata concepita attraverso una selezione di litografie, allestite all’interno di due sale contigue del Castello.
Sono in tutto 72 le opere della prima sala illustrate da Mirò che si ricollegano a Parler seul, l’omonimo poema scritto tra il 1948 e il 1950 da Tristan Tzara poeta e saggista romeno, fondatore del Dadaismo.
La seconda raccolta contiene 13 tavole litografiche eseguite nel 1966, e intitolata a Ubu roi, personaggio grottesco, il quale rappresenta la caricatura di ogni abiezione umana; la serie è ispirata dall'opera teatrale omonima di Alfred Jarry del 1896.
Il grande successo di pubblico ha suggellato il lodevole lavoro degli organizzatori, i quali sono riusciti ad avviare una forte politica di rilancio del Castello, che prevede un programma triennale di mostre incentrato sulla produzione grafica di alcuni dei maggiori artisti del Novecento.
In questo caso, i curatori hanno proposto e divulgato un frammento poco noto al grande pubblico, dell’immensa produzione artistica di Joan Mirò.
All’interno del complesso aragonese, dopo essere passati per l’arioso cortile, una scalinata introduce al “piano nobile”; giunti nell’anticamera dell’esposizione sono presenti solo due pannelli informativi, il primo relativo alla biografia dell’artista, e il secondo che esplica in maniera concisa l’intento del curatore.
Entrambe le sale si presentano sterili, con una eccessiva illuminazione e calde, la chiusura delle finestre e l’assenza di fonti d’aria artificiale, rendono insopportabile la fruizione delle opere stesse.
L’inadeguato allestimento, ha attribuito all’importante opera grafica, un immeritato senso d’incomprensione nei confronti del grande pubblico. L’aggiunta di pannelli, all’interno delle due sale espositive, forse avrebbe esplicato in maniera più esaustiva la relazione auspicata nel titolo della mostra: “il segno e la parola”, e avrebbe reso più scorrevole e leggera la lettura dell’intera esposizione.
Nella mostra in questione, il rapido segno grafico dell’artista catalano, si dissocia dalla parola espressa in lingua francofona usata nei versi di Tzara, aumentando in questo modo, il divario concettuale tra l’arte contemporanea e il pubblico di visitatori e turisti, che vengono richiamati all’attenzione dal “nome”dell’artista. L'idea stessa di mostra-evento è ineluttabile, ed è in un'occasione come questa anche un suo limite,di contro, invece di rinchiudere l’arte contemporanea tra i bastioni edificati dagli “addetti ai lavori”, si dovrebbe abbassare il ponte levatoio della pubblica comprensione a tutti i potenziali fruitori.
Giuseppe Arnesano
Joan Mirò 1893- 1983: cenni biografici
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