venerdì 6 febbraio 2015

Tutto questo ho trovato nascendo


“Tutto questo ho trovato nascendo – Omaggio alle visioni di Pierpaolo Pasolini” è un’ esperienza corale e figurativamente sensibile nella quale gli illustratori si incontrano, si confrontano e propongono con le loro opere un inedito e personale “sentire”. In queste due giornate, organizzate da Massimo Pasca e Mauro Marino in ricordo del quarantesimo anno della violenta scomparsa del poeta, Giuseppe Apollonio, Gianluca Costantini, Mauro Curlante, Adriano Imperiale, Valeria Puzzovio e Chiara Spinelli presentano delle vivide suggestioni tratte da sei differenti componimenti dell’intellettuale bolognese.
La poesia diviene immagine e si dissolve per rigenerasi in parola; nel caso della significativa produzione cinematografica vissuta ed indagata da Pasolini, che nei suoi film rievoca teatralmente determinati brani della tradizione pittorica italiana, il regista racconta con spiccato senso sociale ed impegno anticonvenzionale, ai suoi contemporanei e alla generazioni che verranno, il significato più genuino della quotidiana sacralità del vero comprensibile a tutti. Nello spirito dell’ampia poetica pasoliniana, generata dall’idea dell’arte totale che intreccia i processi comunicativi e creativi delle differenti pratiche artistiche, le opere esposte rappresentano una singolare ricerca, dove la forza emozionale si traduce in un segno stilisticamente sobrio e carico di un elevato senso espressivo.
Le esili architetture immaginarie di Giuseppe Apollonio raccontano numerose storie. In esse si coglie l’essenza di mondi lontani, mondi contadini di un’epoca passata e presente; oggetti, cose,macchine,capitelli, telamoni e colonne s’affannano per trovare un ordine. Su questo sfondo precario, pervaso anche da ricordi, campeggia decentrata l’insolita figura della madre di Pasolini che,nei primi anni romani del figlio, fece di tutto per sostenerlo. Una madre prigioniera della società che, raccolta tra i suoi pensieri, vive e riflette sull’amore materno.
Gianluca Costantini presenta un piccolo trittico dedicato alla figura di Pierpaolo. Un personaggio che ha avuto uno sguardo globale differente ed ha saputo osservare un’altra realtà. L’illustratore, che opera attraverso l’essenziale riduzione del gesto grafico, disegna in uno spazio neutro solo alcune porzioni di immagini o parole che, come nel caso degli occhiali,hanno un valore fondamentale nella narrazione. Un processo creativo decisamente surreale dove pochi indizi raccontano pienamente una tragica storia. Il lavoro di Mauro Curlante, che rappresenta l’incedere umano, descrive una lotta concitata alla ricerca della speranza. Una sorta di bozzetto dal tratto primitivo e vigoroso nel quale si legge il disperato moto dell’animo umano. Un crudo bianco e nero dai toni sbiaditi dove chi sopravvive cerca di raggiungere il punto più alto, mentre chi perisce è corpo morto, cumulo drammatico di povere vite umane.
Quello di Adriano Imperiale è un notturno urbano indefinito. Un luogo mentale/cimiteriale dove il silenzio è elemento percepibile e i contrasti cromatici sono pesantemente definiti da rigide architetture dalle forme arcaiche. Lontani rimandi compositivi del realismo magico all’italiana sono presenti nel paesaggio di Imperiale nel quale, anche l’eco di voci, racconti e preghiere lascia il posto ad una luna piena che lumeggia la placida scena.
Le figure di Valeria Puzzovio sono come dei solidi geometrici che riempiono lo spazio e si presentano uniti nella diversità emozionale. Le piccole presenze dalle sembianze androgine e dai visi di cera, che nascondono la paura, si tingono di delicate tonalità cromatiche. In questo caso il tema del doppio, diviene malinconica rappresentazione che afferma l’indissolubile esistenza dell’amore incondizionato e scevro ogni pregiudizio.
Chiara Spinelli concepisce un’illustrazione di gusto simpatico e dal segno sintetico. Nei pochi tratti essenziali del disegno, che caratterizzano la particolare descrizione dell’anima, emerge un’immagine giocosa ed elegante, ma che al tempo stesso cela un significato poco felice.

Luoghi pasoliniani

La sezione dedicata alla fotografia, con i lavori di Gabriele Antonio Albergo, Brizzo, Lorenzo Papadia e Giacomo Rosato, pone l’attenzione su un soggetto molto osservato da Pasolini, ossia il paesaggio. L’idea del paesaggio interiore, che PPP concretizza attraverso le sue scritture ed i suoi film, ritrova negli scatti dei quattro autori una caratteristica aderenza visiva, su alcuni luoghi e tematiche pasoliniane. 
Il dettaglio di una scenografia, povera e scalcinata ricorda uno dei tanti brani architettonici delle borgate romane; nel dato compositivo del lavoro di Albergo, nel quale si legge un senso di ironica sacralità, spicca una delicata patina cromatica dove l’effetto pittorico affascina e diviene citazione involontaria. 
Il trittico fotografico di Brizzo è una composizione narrativamente equilibrata tra pieni e vuoti. Un percorso dove l’immaginario paesaggistico si concentra sulle drammatiche vicende dell’Idroscalo di Ostia, una città sentimentale ed al tempo stesso erotica; una storia di sangue e di violenza dove, per una volta, ammirare Castro è come osservare la città di pietra, il luogo del Golgota. 
Un’immagine di ampio respiro dai contorni netti che inquadra la vastità dell’improduttiva e desolata campagna italiana, priva di ogni monumentalità moderna, è il ritratto eseguito da Lorenzo Papadia; un lavoro che guarda con onestà alla periferia contadina e ai valori reali di amara autenticità. Un’impalpabile suggestione aleggia nella fotografia di Giacomo Rosato; attimi, sospiri e tracce dell’irreparabile; l’istinto e poi la fuga; un’anima inquieta e solitaria s’aggira incorporea che, dopo aver raccontato il reale, diviene immaginario comune, emblematico e poeticamente inarrivabile.


Lorenzo Papadia

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